Petroli, un libro su uno scandalo italiano nato a Treviso

Trent’anni dopo un volume di testimonianze ricostruisce la vicenda. "Scandalo petroli" sarà nelle librerie nei prossimi giorni

TREVISO. Italcasse e i fondi neri ai partiti politici, Michele Sindona e la Banca Privata Finanziaria, Roberto Calvi e il Banco Ambrosiano, Licio Gelli e la P2, lo scandalo Imi-Sir, il Vaticano e lo IOR (Istituto per le Opere di Religione), fino a Tangentopoli e ai casi più recenti alcuni dei quali non ancora approdati nelle aule dei tribunali: tante vicende oscure hanno accompagnato la storia d'Italia. Una, una sola vicenda di malcostume, di piccole furbizie e di grandi ruberie, è stata smascherata fino in fondo: quella conosciuta come lo Scandalo dei Petroli, emersa grazie alla caparbietà di alcuni giudici e all'onestà di militari della Guardia di Finanza i cui vertici erano addirittura in società con gli stessi contrabbandieri (oltre a essere iscritti alla P2 di Licio Gelli). Generali felloni che invece di combattere l'evasione alle imposte sulla trasformazione del petrolio in benzina, gasolio e olio lubrificante, ne ricavavano beneficio diretto. Son passati trent'anni da quando il traffico illecito è stato smascherato e i capi della cupola condannati. Restano, sottese, due domande alle quali nessuno potrà dare risposte. Ma èpossibile che il mondo della politica, che tutto controlla, sia rimasto per tutti quegli anni alla finestra?

Ma è possibile che i petrolieri onesti, gli altri, non si siano accorti che il 20 per cento del consumo nazionale di carburante non pagava le accise e non abbiano reagito di fronte a questa plateale forma di concorrenza sleale? Le accise sui prodotti petroliferi, sugli alcoolici, sui tabacchi, sull'energia elettrica, costituiscono un tributo importante che ogni Stato incassa per far fronte alle proprie spese correnti. Beh, non tutte correnti almeno in Italia. Ogni volta che facciamo il pieno paghiamo per il finanziamento della guerra d'Etiopia (1935), per la crisi di Suez (1956), per il disastro del Vajont (1963), di Firenze (1966), del Belice (1968), del Friuli (1976), dell'Irpinia (1980) fino al contratto degli autoferrotranNeri del 2004.

Tra Iva e accise il consumatore dà il 60 per cento allo Stato. L'idea dei contrabbandieri è stata semplice, financo banale: bastava utilizzare i depositi nei quali era stipato il combustibile che non aveva (ancora) pagato l'imposta e immetterlo sul mercato al consumo.

Come aggirare le verifiche? Raddoppiando lo stipendio dei finanzieri e degli agenti delle Dogane che erano addetti ai controlli delle entrate e delle uscite delle autobotti. Come fingere che la benzina venisse da altri depositi? Compilando falsi documenti di trasporto (H-ter 16) con le firme di autotrasportatori compiacenti (pagati per non muoversi da casa). Come evitare che il traffico venisse scoperto? Promuovendo i finanzieri cbeperpígrizia o per evitare grane avevano sentore del malaffare ma fingevano di non accorgersi di nulla, e rimuovendo quelli che non erano disponibili.

Ma succede che un autotrasportatore, il quale poi si pentirà di essersi pentito, racconta a un brigadiere che quei trasporti non li ha mai fatti. E succede anche che il brigadiere viene pubblicamente rimproverato dal suo colonnello per aver convocato l'autotrasportatore al comando allo scopo di mettere per iscritto la sua dichiarazione. E il brigadiere, dopo un mese di dubbi personali e professionali, bussa alla porta di una Procura. Il resto è storia scritta nei verbali di molti tribunali. Questa storia, grazie alla Fondazione Berro in collaborazione con l'Osservatorio veneto sul fenomeno mafioso, è diventata una mostra itinerante di articoli di giornale (128 su quotidiani e 23 su settimanali), si è trasformata in occasione di conferenze tenute dal prof. Enzo Guidotto, presidente dell'Osservatorio.

Ed è diventata anche un libro che contiene i contributi di alcuni, inquirenti e investigatori, che della vicenda si sono occupati in prima persona. Piergiorgio Gosso era Giudice Istruttore al Tribunale di Torino. Natalino Lecca era un capitano del comando generale della guardia di Finanza (uno degli ufficiali più preparati nella scoperta delle frodi). Bruno Celotto, è il brigadiere che, primo, bussa a una porta della procura di Treviso. Domenico Labozzetta è il magistrato che ne raccoglie le parole. Mario Vaudano era Giudice Istruttore a Torino. Raul Angelone era capitano della Guardia di Finanza di Torino.

Enzo Guidotto, nella seconda parte del libro, inquadra la vicenda dello Scandalo dei Petroli nelle trame di cui sono stati registi i poteri criminali occulti.

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