«Perché aiutare gli altri? Ci fa stare bene»

L’esperienza di centoventi ragazzi dell’Iris di Castelfranco a contatto con i malati di Alzheimer

CASTELFRANCO. Chi pensa sia solo un posto per anziani, dove trascorrere il tempo della malattia, dovrà ricredersi. Basta varcare la soglia dell'associazione Iris, Insieme per l'Alzheimer di Castelfranco, per trovare un ambiente in cui le generazioni si incontrano per stare insieme. Ben 120 ragazzi, dai 14 anni in su, affiancano i volontari senior e il personale medico specializzato. Una squadra di giovani che hanno deciso di impegnarsi in un'esperienza di volontariato e solidarietà, stando accanto ai malati di demenza del Centro Sollievo. Un modello virtuoso, che non ha eguali in provincia di Treviso.

Verrà raccontato oggi, mercoledì 21 settembre, alle 14.30, all'auditorium della biblioteca di Montebelluna, in occasione della prima giornata provinciale dell’Alzheimer, pensata nell'ambito dell'evento mondiale dedicato alla patologia. Quello che quotidianamente accade tra le pareti colorate di Iris non è un'impresa qualunque. «I ragazzi vengono da noi perché amano confrontarsi, hanno sogni, ideali, e desiderano vederli realizzati mettendosi a disposizione degli altri, in modo concreto» spiega la presidente Marisella Michielin. Trenta di loro stanno concludendo lo stage estivo, in cui hanno fatto formazione e seguito gli ospiti. Ma sorprendente è anche l'adesione degli studenti delle superiori di Castelfranco, nessuna esclusa. La compagine attuale è formata da 70 volontari, entrati in contatto con Iris tramite il laboratorio del Centro Servizi del Volontariato. Per quattro giorni a settimana, terminate le lezioni, raggiungono il centro sollievo, in via dei Carpani, e seguono una trentina di malati. «Si è venuto a creare uno spazio di dialogo tra generazioni. L'Alzheimer è un percorso difficilissimo e tortuoso per le famiglie che si trovano ad affrontarlo, noi nel Centro Sollievo cerchiamo di fare rete, unendo le forze» aggiunge Michielin. L'Alzheimer strappa la persona a se stessa, ai ricordi e agli affetti, ma in Iris, dove non arrivano il corpo e la mente, subentra la fantasia. Fare ginnastica è complicato - viste le difficoltà motorie che la demenza porta con sé - ecco che i giovani volontari prendono dei bastoni per l'acquagym e improvvisano un torneo di “fioretto” con gli ospiti. Si canta e si balla prendendosi per mano. Quest'estate, per le “Olimpiadi di Iris”, ogni volontario junior ha fatto da coach a un malato.

Tifo da stadio, gote rosse e tante risate. «Sdrammatizzare aiuta a togliere le paure che ognuno di noi ha verso la disabilità. Il contatto con le persone che soffrono di demenza fa capire anche ai più giovani che, infondo, siamo tutti diversi, ma tutti persone. Ognuna con qualcosa dare» conclude la presidente. Che racconta anche la storia di incontri. Giampietro e Marta si sono conosciuti all'Iris, oggi lui è infermiere professionale, lei neuropsicomotricista, e da pochi mesi sono diventati genitori di Cecilia. Nel 2010 le gemelle Giulia e Laura, facevano le superiori, ora si sono laureate in scienze della formazione, hanno fatto master specifici sulla demenza. Sono passati dieci anni dall'apertura di Iris, ma i ragazzi volontari continuano ad aumentare. Quando si chiede loro perché abbiano scelto di farlo, la risposta è sempre la stessa: «Perché aiutare gli altri ci fa stare bene».

 

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