Pazienti musulmane: «No a un medico uomo»

TREVISO.«Voglio un medico donna per mia moglie». È la richiesta che è stata rivolta al personale del Ca' Foncello di Treviso da un marito che accompagnava la propria moglie per una visita. La donna con il capo coperto doveva sottoporsi a un esame e il consorte che l'accompagnava ha insistito perché fosse vista esclusivamente da personale sanitario di sesso femminile. Il fatto, accaduto un paio di giorni fa in una sala d'aspetto del nosocomio trevigiano, non è sicuramente il primo, ma riporta alla luce temi quali l'integrazione e il multiculturalismo tra le corsie d'ospedale.
«Questi episodi si verificano di tanto in tanto. La maggior parte delle richieste di visita con medico donna si registra nel reparto di ginecologia e ostetricia. Ma diciamo anche che in questo ambito il problema generalmente non si pone vista la composizione dell'organico: l'80 per cento delle ginecologhe dell'ospedale trevigiano è donna» conferma Francesco Benazzi, direttore generale dell'Usl 9.

La strada scelta dalla direzione strategica dell'azienda è quella del compromesso, laddove possibile. «Noi cerchiamo di rispettare tutte le culture ma se non c'è la possibilità di esaudire la richiesta di essere visitati da un medico donna, la prestazione può essere fatta in presenza del marito, se viene espressa questa necessità» aggiunge il numero uno della sanità trevigiana. Un tema delicato quanto spinoso perché mette sul piatto della bilancia vari aspetti: il diritto alla salute, il credo religioso, altre convinzioni personali, ma anche il principio per cui nella sanità pubblica il cittadino non può esprimere una preferenza e scegliere da quale medico essere visitato o curato in ospedale. Un approccio che viene mantenuto anche per la scelta del medico di famiglia. Il cambio di camice bianco necessita dell'approvazione di un apposito comitato.
«Riceviamo ogni anno un centinaio di richieste di cambio del medico di base», sottolinea Benazzi, «è necessario fare domanda al comitato aziendale dei medici di famiglia che potrà dare parere positivo oppure negativo. Senza il nullaosta non ci può essere il passaggio ad altro professionista».
Rispetto al recente caso trevigiano che ha visto un marito chiedere con insistenza il medico donna per visitare la propria moglie al Ca' Foncello, è intervenuto anche Abdallah Khezraji presidente dell'associazione Hilal. «Non so da dove arrivi questo uomo però dico che anche nei paesi musulmani il 90 per cento dei medici che esercitano è di sesso maschile. Quindi l'estremismo ha poca chance di esistere in medicina» spiega Khezraji. Voce autorevole della comunità musulmana marocchina del capoluogo, Khezraji rimette al centro l'importanza della cura a prescindere dal sesso del medico o dell'infermiere che in quel momento sta prendendosi cura del malato. «Torno a dire, usando una metafora, che dobbiamo ricordarci quanto accadeva al tempo dei faraoni d'Egitto per il modo in cui loro intendevano la medicina. All'epoca il medico aveva la potenza divina nel salvare le persone che stavano male. Oggi come allora i medici vanno solo ringraziati a prescindere dal sesso perché sono a disposizione di tutti, senza fare distinzioni di genere. Sono professionisti che svolgono un lavoro nobile, salvano vite umane e non seducono uomini e donne altrui. Quello che è accaduto all'ospedale di Treviso è una deriva che ci dimostra come alcune persone siano rimaste nel buio».
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