Parco Sile all’arrembaggio Vincoli su altri 30 comuni

La giunta estende la protezione dell’ente a tutto il bacino del Sile: 41 paesi «Così per la tutela dell’acqua di falda». Ma sul colpo di mano è già polemica
Di Federico De Wolanski

Il piano è quello di arrivare, un domani, a fare in modo che tutte le pratiche edilizie e le autorizzazioni commerciali, industriali, artigianali che ricadono nel territorio del «bacino del Sile» passino anche per il benestare del Parco. Per questo la giunta dell’ente la settimana scorsa ha firmato la delibera con la quale allarga – di fatto – la sua potestà dagli 11 comuni che prima rientravano nella sua gestione ad altri 30.

I comuni inglobati. La lista è stata messa nero su bianco dall’esecutivo assieme all’elenco di tutte le attività che un domani – se tutto andrà come previsto – dovranno fare i conti con l’Ente. Il Parco Sile, nella Marca, ha dato l’arrembaggio a Cornuda, Crocetta del Montello, Caerano San Marco, Montebelluna, Volpago del Montello, Giavera del Montello, Nervesa della Battaglia, Trevignano, Povegliano, Arcade, Spresiano, Paese, Ponzano, Villorba, Maserada, Zero Branco, Carbonera, Breda di Piave, Preganziol, San Biagio di Callalta, Mogliano Veneto, Monastier, Zenson, Maser. E nel territorio della provincia di Venezia anche a Meolo, Fossalta di Piave, Musile di Piave, San Donà di Piave, e perfino Jesolo e Cavallino-Treporti. Sarà a questi comuni che di qui a breve, dopo il via libera anche del consiglio del Parco, l’ente sottoporrà il proprio documento chiedendo ovviamente la sottoscrizione. Se questo avverrà, le pratiche che possono avere una qualsiasi conseguenza ambientale, soprattutto nei confronti della falda acquifera, dovranno essere discussi anche con l’ente.

Il caso Co.Ve.Ri. L’«arrembaggio» dell’ente pare sia stato determinato anche dalla recentissima scottatura sul caso Co.Ve.Ri, la cava di Casale Sul Sile sulla quale l’ente voleva intervenire ma dalla quale è stato tenuto a distanza. «Il Parco sollevava la questione che le acque scaricate in cava ricadevano nella falda e nel bacino del Sile» sottolineano i responsabili dell’ente, «ma ci è stato risposto che la cava era ubicata oltre il confine nord-ovest del parco». Di qui una serie di carteggi e polemiche, ma soprattutto l’idea di non poter essere estromessi da qualunque intervento che potesse interessare il bacino del Sile.

«Tutela dell’acqua». La delibera non prevede di allargare l’organizzazione dell’ente, che resta strutturato come oggi, ma solo di far valere il parere tecnico e ambientale dell’ente lì dove oggi non arrivava, nonostante fossero territori direttamente collegabili al Sile. La giunta, per mettersi le spalle al sicuro, cita direttive comunitarie sulla tutela delle acque, la legge istitutiva del Parco Sile, il piano ambientale approvato in Regione e il «piano di gestione del bacino del fiume Sile» che già nel 2000 estendeva l’area di interesse del fiume ai 41 comuni sui quali ora punta il parco.

Colpo di mano? La polemica è dietro l’angolo. Le ripercussioni di questo provvedimento infatti rischiano di non essere leggere. I trenta comuni sui quali ha messo gli occhi l’ente sono davanti a un bivio: accettare o rifiutare l’accordo. Nel primo caso, sceglierebbero di tutelare l’acqua ma anche di soggiacere a tutta una serie di nuovi vincoli che prima potevano non considerare (si pensi all’attività di cava); nel secondo caso dovrebbero giustificare il loro rifiuto evitando che si parli di disinteresse ambientale. E già questo primo aut-aut ha fatto sobbalzare qualcuno alimentando nervosismi e critiche.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso