Parco del Sile in degrado «Via i dirigenti dell’ente»

VEDELAGO. «Si vuole trasformare il parco del Sile in una banale area ricreativa alla mercé di visitatori poco educati e in assenza di qualsiasi forma di vigilanza». È questa l'accusa mossa da Michele Zanetti, presidente dell’Associazione Naturalistica Sandonatese (la maggiore e più attiva associazione naturalistica locale del Veneto Orientale) a chi sta gestendo il Parco del Sile. Una gestione pessima secondo Zanetti che sul tema ha redatto un dossier pubblicato sul proprio blog (www.michelezanetti.it). Il titolo della relazione «Se questo è un parco...» è emblematico. Nessuna attenzione alla biodiversità, alla tutela delle piante tipiche, alle specie locali. Nella gestione del parco l'obiettivo di trasformarla in un'area ricreativa turistica che nulla ha a che vedere con la preservazione di una zona delicata come quella del Sile. «L’elenco delle incongruenze gestionali è lungo e impressionante», spiega Zanetti , «innanzi tutto gli agricoltori continuano a eliminare siepi e spingono le colture fin quasi alle sponde del Corbetta e degli altri piccoli corsi d'acqua. È stato eliminato il 60% dell’arbusteto che divideva la zona della grande quercia dalla torbiera (la zona paludosa, ndr). Sulle discontinuità ricavate è stata messa a dimora niente meno che Lantana, arbusto che nulla ha a che vedere con il contesto d’ambiente. Sono stati effettuate piantumazioni a scopo rimboschimento con criteri apparentemente casuali». Per l’ambientalista, molte specie sono inadatte al luogo e il risultato è scandaloso. «C'è di tutto, dappertutto, con nessuna differenziazione ecologica», continua, «È stato trinciato l'unico vasto Fragmiteto rimasto, non solo, ma l’area è stata piantumata con specie arboree forestali al pari delle altre aree. Uno dei due prati più importanti, ai primi di maggio, era ancora con le erbe alte e secche della stagione precedente, il che significa la scomparsa delle specie più delicate. Gli altri prati che ospitavano le specie significative delle sorgenti sono ormai inselvatichiti. Delle specie floristiche notevoli non si vede traccia e gli stessi prati sono diventati boscaglie». E ancora: «Nessuno controlla gli accessi. Ma dove sono i naturalisti cui il Parco dovrebbe affidarsi per gli interventi di restauro ambientale e di gestione della biodiversità? I biotopi naturali e la loro preziosa flora stanno andando in malora, ma è altrettanto vero che si stanno spendendo molti euro per realizzare un giardino artificiale in cui osservare almeno in parte le specie di cui l’incuria e l’incompetenza hanno determinato l’estinzione negli ultimi anni. Di fronte a tutto questo noi chiediamo di cambiare. Cambiare metodo, cambiare strategie d’intervento e d’investimento, cambiare priorità e, se possibile, cambiare anche i dirigenti».
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