Pagnossin gloria trevigiana L’epopea del “signor Giulio” che portò i piatti in Formula 1

la storiaUn Giannino Marzotto trevigiano, un fratello Benetton ante litteram. Il senso dell’azienda-famiglia di un Alessandro Rossi in versione trevigiana, con ordito e trama fatti di innovazione-prod...

la storia

Un Giannino Marzotto trevigiano, un fratello Benetton ante litteram. Il senso dell’azienda-famiglia di un Alessandro Rossi in versione trevigiana, con ordito e trama fatti di innovazione-produzione e di gite fuori porta “tutti insieme” scanditi con il ritmo dei motori importanti, dell’internazionalità Anni 60 e delle avventure commerciali più ardite. Questo il ritratto del “Signor Giulio”, ovvero di Giulio Pagnossin e della sua epopea, scritto da Prando Prandi e che verrà presentato sabato alle 17 a Palazzo dei Trecento.

Il concetto di azienda come missione da condividere e in cui “tutti per uno” fa il paio con “uno con tutti” è la chiave di lettura dell’imprenditorialità di Giulio Pagnossin. E il racconto che Prandi ne fa è puntuale e il meno retorico possibile. Si parla anche di azienda, di anni ruggenti dell’imprenditoria veneta, di sponsorizzazioni d’avanguardia e di iconografia dell’imprenditorialità di quegli anni. Ma si parla soprattutto dell’uomo, vera chiave di lettura di un’epoca e di una industria, quella derivata dalla vecchia “fornace” , che finì troppo presto per non sospettare che avrebbe riservato altri importanti capitoli. Il libro, che si intitola proprio “Il signor Giulio” , racconta attraverso il ritratto dell’ancora indimenticato tycoon, padre, marito, patriarca industriale e automobilista appassionato, anche la parabola del Nordest. Un Nordest che per primo non pensa solo a produrre e creare, ma anche a promuovere e conquistare mercati attraverso l’arditissimo uso di “cartelloni pubblicitari” prodigiosi, quali le sponsorizzazioni sportive internazionali, in Formula Uno (i piatti e le tazze della Pagnossin, con il simbolo del baffo tricolore, furono la prima “reclame” non tecnica apparsa sulla livrea delle auto), ma anche in un basket (femminile) di livello assoluto. “Una vita di corsa” recita il primo capitolo, che fa finto perno sulla Maserati “Ghibli” vera icona dell’epoca d’oro, ma potrebbe tranquillamente chiamarsi “Un uomo del suo tempo” , con l’aggiunta di alcune intuizioni geniali che fanno questo possibile protagonista della parte buona di “Signore e signori” un leader imprenditoriale. Ad esempio: fu il Signor Giulio originario di Arcade con papà Angelo a capire che gli appartamenti a Jesolo, ai tedeschi, andavano affittati non con la quota mensile ma con quella settimanale e presto lo copiarono in molti. E fu sempre lui a capire che sulle terraglie si possono anche stampare i personaggi storici della Disney per il Mulino Bianco. A raccontare la storia di questo personaggio che pare rubato all’America del dopoguerra più che all’Italia che si risolleva, è anche la signora Isamaria, conosciuta a un ballo e sposata con la stessa caparbietà con cui ai va alla conquista del K2, che svela: «Era un uomo profondamente buono. Pieno di slanci di generosità, pieno di attenzioni verso di me e verso la famiglia». E mentre le Ceramiche Pagnossin percorrevano le vie del mondo, il Signor Giulio delegava alle sue donne, Isamaria e le figlie, l’onere di rappresentarlo, in quel mondo allargato, magari all’interno del paddock in cui regnava, grazie all’amicizia con Andrea De Adamich, il suo baffo tricolore, o alla presidenza della Pagnossin Gorizia basket. Dietro, magari, si ricordava anche di finanziare il pulmino per le trasferte dei disabili della Nostra Famiglia di Conegliano, per la quale aprì una sede anche a Treviso. C’era sempre lui anche alle Befane aziendali, nelle quali i figli dei dipendenti venivano accolti, oltre che da un regalino, anche da una cioccolata calda in una tazza con il nome di ciascuno stampato su. Nel volume hanno voce anche le “ragazze” , ovvero le figlie Stefania e Valeria, con la loro vicinanza, nella vita e nello sport, ai sogni di un padre certamente ingombrante quanto generoso e innamorato. A parlare sono ancora EddaFenzi, figlia di un dipendente e poi braccio destro in azienda, il pilota Andrea De Adamich, amico e spalla nell’avventura com sponsor in F5000 e F1 (soprattutto con la Brabham, dando il nome al team, cosa che poi fece Benetton con la Renault). Seguono il racconto della vicinanza al Gruppo Folkloristico Trevigiano, il contributo grato e orgoglioso («Di lui ho ereditato la determinazione nelle cose che faceva») della nipote Giuliamaria Dotto e dello sportivissimo fratello Gianmatteo. Sono loro, assieme agli edifici del complesso-fabbrica destinato a iniziative culturali, “l’eredità” del Signor Giulio.–

Toni Frigo



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