Operato al rene, muore neonato di 18 giorni

CASTELFRANCO. Il piccolo Kevin era atteso con gioia dal fratellino Mattia che lo sta ancora aspettando. Invano. Papà Sebastiano Cannavò e mamma Elena Mihai non hanno ancora trovato il coraggio di dire al loro bambino che Mattia non arriverà mai a casa. È morto la sera del 22 giugno scorso, 18 giorni dopo la nascita con parto cesareo avvenuta nell’Azienda ospedaliera di Padova al settimo mese di gravidanza. Pesava un chilo e 610 grammi e, una decina di giorni prima, aveva subito l’asportazione di un rene per sospetto tumore. Alla vigilia della nascita l’ecografia aveva rivelato una macchia scura sul rene sinistro. Il pm padovano Vartan Giacomelli ha aperto un’inchiesta (per ora conoscitiva, senza indagati), acquisendo le cartelle cliniche e ordinando l’autopsia sul corpicino del neonato. Oggi l’incarico sarà affidato al dottor Antonello Cirnielli dell’Istituto di medicina legale di Udine; nominerà un consulente di parte pure la famiglia che ha trasmesso alla procura di Padova un esposto tutelata dall’avvocato Luciano Gazzola. «Voglio sapere perché è morto Kevin, che cosa è accaduto dopo quell’intervento e perché non è stato sottoposto subito a dialisi appena ha avuto il blocco all’unico rene che gli era rimasto. E voglio che non succeda ad altri quello che è accaduto a lui», spiega il papà Sebastiano Cannavò, catanese trentottenne che vive a Villarazzo in via Valsugana e lavora come “padroncino” per il gruppo “Mercatone Uno”, mentre la moglie Elena, 36, è casalinga.Lo scorso fine maggio Elena avverte una fastidiosa pesantezza. «Si sentiva gonfia, così l’ho accompagnata all’ospedale di Castelfranco dove è stata ricoverata qualche giorno e sottoposta a una serie di esami», racconta il marito. È il 29 maggio e fino a quel momento tutti i controlli in gravidanza risultavano superati con buoni risultati, compresa l’amniocentesi. Poi la brutta notizia: l’ecografia svela una macchia sul rene sinistro del neonato e la mamma viene trasferita nell’Azienda ospedaliera di Padova dove c’è un’area pediatrica (dalla Patologia neonatale e alla chirurgia e nefrologia pediatriche) molto attrezzata. «Qui mia moglie è stata tenuta per tre giorni in sala travaglio e sottoposta a continui controlli. Non mangiava, era sotto flebo, appariva provata e affaticata: alla fine era sfinita quando le è stato comunicato che l’avrebbero fatta partorire con il cesareo». Kevin viene alla luce il 4 giugno e qualche giorno più tardi è sottoposto a Tac con liquido di contrasto. «Un medico ci ha informato che aveva un tumore al rene. “Dobbiamo operarlo” ci ha detto, temeva che potesse estendersi ad altri organi... Il bambino era molto piccolo, ma che cosa avrei potuto rispondere? Ci siamo affidati. È durata quattro ore l’operazione piuttosto complicata perché eseguita su un bimbo di appena una settimana, ma siamo stati rassicurati sul fatto che era andato tutto bene. Kevin è tornato in incubatrice purtroppo in un reparto con lavori in corso e viavai continuo di muratori». La situazione precipita. Il 20 giugno si blocca il rene sinistro: «Mio figlio ha cominciato a essere imbottito di farmaci, in particolare diuretici. Già quel giorno una dottoressa aveva chiarito che, secondo lei, non c’era più nulla da fare, altri colleghi il giorno successivo ci avevano dato qualche speranza. Solo il pomeriggio del 21 Kevin è stato sottoposto a dialisi: era gonfio come un pallone, il fegato era “bruciato” e l’unico rene funzionava al 50%».
Cristina Genesin
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