Omicidio di Pieve del Grappa, niente carcere per il giovane reo confesso

Il tribunale concede al ragazzo la messa alla prova che gli permetterà un percorso alternativo. Il corpo della vittima era stata trovato senza vita il 21 gennaio 2024 nel boschetto di via dei Carpini

Marco Filippi
L’auto di Bledar Dedja accanto alla quale fu trovato il corpo
L’auto di Bledar Dedja accanto alla quale fu trovato il corpo

Niente carcere per il giovane reo confesso dell’omicidio di Bledar Dedja, il giardiniere di 39 anni di origine albanese, trovato senza vita nella mattinata del 21 gennaio 2024 nel boschetto di via Dei Carpini a Pieve del Grappa.

Lo hanno deciso lunedì 16 giugno i giudici del tribunale dei minori di Venezia. Il giovane è stato infatti ammesso alla messa alla prova che gli permetterà di seguire un programma per tre anni, concordato tra difesa e Procura, di riabilitazione attraverso lavori socialmente utili che effettuerà presso la comunità dove attualmente si trova.

Il processo, dunque, è stato sospeso ed è stata fissata un’udienza a ottobre per valutare l’andamento della messa alla prova.

L’incontro e le coltellate

Il diciottenne aveva conosciuto Bledar oltre due anni fa durante un periodo passato in alternanza scuola-lavoro nella pizzeria in cui l’albanese lavorava come tuttofare. Tra i due era nato un rapporto di conoscenza, che però il ragazzo aveva poi voluto interrompere.

Il giovane stesso aveva spiegato, nel corso di un interrogatorio, come si fossero sviluppati i rapporti con la vittima: dal primo incontro in un locale della provincia di Treviso dove Dedja lavorava come giardiniere e dove lui c’era finito per adempiere a un progetto di alternanza scuola lavoro, passando per un altro incontro più intimo in cui ci fu un rapporto sessuale fino all’ultimo appuntamento di sabato 20 gennaio scorso, nato da Grindr, un’app d’incontri per gay simile al più celebre Tinder.

Il giorno del delitto, il minorenne e il giardiniere avevano inserito i propri dati su Grindr. Era stata poi l’app, che si basa sulla geolocalizzazione degli utenti, a incrociare i profili di Bledar e del minorenne e a proporre il contatto.

Attraverso la piattaforma, poi, i due si erano accordati per trovarsi nel pomeriggio in piazza a Paderno. Il giovane con sé aveva portato anche un coltello che, in base all’autopsia, usò per colpire Bledar alle spalle per ben 15 volte.

La famiglia di Bledar Dedja, che risiede a Casella d’Asolo, è parte offesa con l’avvocato Guido Galletti, ma, essendo un procedimento che riguarda un minorenne, non ha potuto costituirsi parte civile. Sarà necessario, evidentemente, un’azione risarcitoria davanti al tribunale civile.

I difensori

I legali del ragazzo, gli avvocati Elisa Berton ed Elena Benvegnù, hanno affidato un commento a un comunicato: «Come difensori del minore precisiamo che l’istruttoria ha escluso sia l’esistenza di una relazione tra lui e la vittima sia la realizzazione, da parte del minore, di un agguato, ricatto o vendetta. Si è trattata di una dolorosa vicenda umana che ha avuto una sua unica preliminare occasione di incontro tra i due, risoltasi traumaticamente per il minore, cui è seguito un secondo incontro, originato dalla necessità di un chiarimento sfociato in una colluttazione con esiti letali».

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