Olmè, la storia del bosco di Cessalto che non vuole morire

CESSALTO. Ha resistito all’insipienza umana che gli ha posato accanto prima un casello autostradale e poi un’area industriale, che praticamente gli finisce in bocca. Ma senza una cura costante la farnia, l’acero campestre e il carpino bianco che ne punteggiano l’incontaminata a superficie potrebbero non resistere ai sempre più frequenti fenomeni atmosferici che investono questo quadrante di Veneto Orientale. Il Bosco Olmé, nel Comune di Cessalto, è uno dei gioielli naturalistici più importanti d’Europa: bosco planiziale che custodisce la foresta primigenia, quella praticamente formatasi per prima dopo le glaciazioni. E del tutto vergine dall’antropizzazione, fino all’arrivo, appunto, dell’autostrada e della zona industriale.

Di foreste così in tutta la pianura padana ne resistono sedici, una manciata delle quali tra le province di Treviso e Venezia: il bosco di Gaiarine (2 ettari), il bosco di Basalghelle di Mansuè (14 ettari), il bosco di Cavalier di Gorgo (9 ettari), il bosco Zacchi, Lison e Carpenedo nel Veneziano. Il più grande (25 ettari) e importante di tutti è, appunto, il bosco Olmè di Cessalto, da cui prende il nome lo stesso piccolo Comune (dal latino: caesus saltus, bosco tagliato), che conta meno di quattromila abitanti.

A lanciare l’allarme per la sopravvivenza di questo coriandolo verde è un docente opitergino, Fabio Dotta, che ha scritto qualche giorno fa al sindaco: «Da tempo l'edera avviluppa molte piante e la crescita incontrollata di questo tappezzante e rampicante provoca non solo il soffocamento ed appesantimento di varie latifoglie del querco-carpineto (facilitandone la caduta) ma anche la morte di varie erbe e fiori rarissimi che vivono nel sottobosco di origine naturale che si vedono seppelliti da questo sempreverde. Il bosco ha assolutamente bisogno di cura e manutenzione, non fatelo morire».
Tutt’altro che sorpresi dalla segnalazione gli amministratori di Cessalto, eletti lo scorso giugno ma consapevoli del lavoro che li attende: «Sì, conosciamo la situazione del bosco, peggiorata dopo il tornado dello scorso agosto che ha devastato molte piante – spiega il sindaco, Luciano Franzin – il bosco di Olmè è il nostro orgoglio e vogliamo rilanciarlo, d’intesa con il vicino Comune di Ceggia». Nei giorni scorsi, personale del servizio forestale della Regione ha iniziato un accurato lavoro di pulizia e taglio di rami, necessario per rendere di nuovo accessibile la millenaria foresta. A sostegno di questa volontà l’assessore all’ambiente, Fabio Gabbana, cita la decisione di tornare ad aderire all’Associazione Forestale di Pianura che riunisce gli enti pubblici proprietari di boschi di pregio nel Veneto Orientale. Nel suo consiglio di amministrazione siede anche Michele Zanetti, appassionato naturalista e divulgatore, tra i primi a studiare questo luogo, che fa parte dei Siti di interesse comunitario e della Rete Natura 2000.

«Aderire alla Associazione Forestale di Pianura per il nostro Comune significa stanziare cinquemila euro - spiega Gabbana – che non sono pochi. Con uno spin off dell’Università di Padova, Etifor, inoltre, stiamo predisponendo il nuovo piano di gestione del bosco per attingere a fondi europei. L’Università di Firenze sta studiando il caso dell’attecchimento della farnia nel bosco. Insomma, ci stiamo dando da fare». Nei progetti del Comune di Cessalto, che ne è proprietario mentre la gestione boschiva è a carico dei servizi forestali della Regione, c’è un piano di valorizzazione e rilancio complessivo: «Una volta ripristinata la cura del bosco - spiega l’assessore Gabbana – vogliamo realizzare un piccolo ricovero che faccia da punto di riferimento dei visitatori, tornare a mettere in piedi un largo programma di visite scolastiche aperte a tutto il Veneto, collegare il bosco con una pista ciclabile che sta progettando il Comune di Ceggia e naturalmente promuovere questo angolo di rara bellezza. Con l’associazione micologica mottense, poi, stiamo realizzando un censimento delle specie micologiche del bosco».
«Sono felice che sia stata presa a cuore questa situazione - riflette il professor Dotta, autore di diversi studi e pubblicazioni sul tema – spero inoltre che in futuro possa essere reso leggibile il percorso interno del bosco, con l’allestimento di piccole targhe che spieghino le molte specie vegetali presenti».
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso