E’ morto lo scrittore e psicologo Lucio Polo, lutto a Treviso
Aveva 91 anni, è stato anche funzionario dell’Ulss. A piedi ha girato mezza Europa, anche in tarda età. Ha pubblicato tantissimi libri, e non solo di racconti «È la vita che mi offre le storie, io ci metto l’abito»

È stato infaticabile camminatore per tutta la sua lunghissima vita, il ritmo e lo sguardo con cui ha soddisfatto la sua infinita curiosità del mondo.
E non meno instancabile scrittore, perché, come amava dire, «E la vita che m racconta le storie, io mi diverto a metter loro l’abito».
Ma è stato anche psicologo, Lucio Polo, scomparso lunedì 13 gennaio all’ora di pranzo, a 91 anni, nella sua abitazione, dopo picchi di febbre resistenti ad ogni cura. E poi giornalista pubblicista, free lance, funzionario amministrativo dell’Ulss trevigiana dopo un’esperienza al centro antidipendenze a Venezia, come psicologo. E ancora cameriere, erborista, addetto stampa, promotore culturale e venditore di sementi.
Un rarissimo caleidoscopio di esperienze, tutte vissute appieno. E che ha poi reso al mondo che tanto amava sotto forma di libri, incontri, conferenze, passeggiate (tutti i giorni quella veloce attorno alle mura cittadine), schiette confessioni.
Poteva parlare di tutto. Di Lucio Battisti e dei toreri e delle corride; di Salvo D’Acquisto, al cui sacrificio ha dedicato un libro- tributo da portare in scena; di montagna e di prati d’Irlanda; di disagio giovanile e tossicodipendenti, il suo impegno di frontiera con la sua laurea, a Venezia; di Lourdes e Santiago di Compostela – raggiunte e vissute da barelliere volontario la prima e da pellegrino la seconda – ma soprattutto da rispettosissimo non credente; di Lorenzo da Ponte, di cui tradusse le memorie in dialetto (anzi, «Voltae in venessian», come da sottotitolo). E di musica.
Sterminato il suo catalogo, fra cui i divertissement «Intervista ad una maitresse socialmente utile» e «Cinque signore over sixty per un weekend vagamente libertino». Ma forse il titolo che è il suo biglietto da visita è “La gaia fantasia”. Sì, era un antico cantastorie trasportato ai giorni nostri, allegro, coinvolgente ed entusiasta, ma con una discrezione tutta sua. Dotato di una vivacissima umanità, e frugale nello stile di vita, con quell’essenzialità che contraddistingue i camminatori.
Aveva percorso mezza Europa e mezza Italia, da vagabondo con lo zaino. Amava la strada, e quello che offriva, ovunque, perché per lui quello era «il luogo della vita, della libertà, e dunque della felicità». Visione che sarebbe piaciuta al primo Gaber.
E forse questa straordinaria conoscenza del mondo gli ha donato la sua ironia leggera e al tempo stesso profonda, uno sguardo disincantato e capace però di cogliere la piega più nascosta dei fatti. Amava inventare neologismi, nei messaggini che inviava agli amici chiedeva sempre se fossero ”parlabili”, canale comunicativo che non voleva abbandonare per la tecnologia. E per tantissimi anni non ha fatto mancare le sue speciali lettere alla Tribuna, sulla amatissima Treviso.
Era sodale degli altri scrittori trevigiani, era stato molto legato a Mazzotti, così come a tutti i poeti dialettali, in primis ad Emilio Gallina. Ha animato i corsi dell’Università della Terza Età a Treviso con Ulderico Bernardi, esportandoli poi a Caerano e Cornuda.
Mesto il tam tam degli amici, raggiunti dall’annuncio dei familiari. Era un personaggio, Lucio. E mancherà. Non avrà funerale, per sua espressa volontà. Socio storico della società fautrice della cremazione, ha disposto tutto, anche una nota da diffondere alla comunità una volta cremato a San Michele in Isola, in Laguna.
Il suo ultimo testo, l’estrema sua storia, affidato all’inseparabile ed amatissima moglie Maria Lucia, Mariuccia per tutti, e alle figlie Ilaria e Marina.
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