Morto nell’incendio della casa, addio laico per Nikko. Gli amici: «Rompiamo il silenzio»
È nata una pagina Facebook per raccogliere foto e ricordi in preparazione dell’evento laico dedicato al trentaquattrenne di Montebelluna

«Andarsene in silenzio non era un’opzione ragionevole per noi. Semplicemente non era un’opzione». Chi ha voluto bene a Nikkolay Kalusenko Vladimirovic, Niccolò Martini dopo l’adozione, non ha dubbi. La vita del trentaquattrenne spezzata nell’incendio in via Col Moschin a Montebelluna, nella prima mattina del 5 agosto, non è mai stata in punta di piedi. Tutt’altro. Ha lasciato orme ben definite. «Chiunque conoscesse Nikko sapeva che era musica e parole», evidenziano gli amici, «questo silenzio in cui è stato confinato non gli è mai appartenuto. È arrivato il momento di fare rumore».
La pagina Facebook
La battaglia contro il silenzio inizia da una pagina Facebook ribattezzata con una frase che il trentaquattrenne era solito ripetere come mantra: “Nikkolay will never die”. «È stata tolta la possibilità di dargli un ultimo saluto», scrivono, «a tutte le persone che hanno condiviso un percorso con lui, chi come compagna di vita, musicista o amico, persino chi ci ha spartito un tetto sotto al quale dormire. La sua famiglia adottiva ha scelto di cremare il corpo e disperderlo nel cinerario comune. Non pensiamo che questo sia sufficiente per lasciare andare qualcuno che ha condiviso così tanto con tutti noi. Questa è una pagina aperta per raccogliere ricordi e foto che saranno stampati e proiettati su schermo nell’evento che stiamo organizzando per dare un ultimo saluto».
Perché, aggiunge Laura, «questo silenzio non rispecchierà mai chi è stato né ciò che ha lasciato nelle persone».

Il dolore degli amici
Il rumore si propaga e con lo scorrere delle ore i pensieri si moltiplicano. «Citando Tolkien, “non tutto quel che brilla è oro, né tutti gli erranti sono perduti”», scrivono gli amici, «non siamo nessuno per giudicare ma siamo nella posizione di poter salutare Nikko nel migliore dei modi. Ha dato un pezzo di sé a ognuno di noi senza voler mai nulla indietro».
Il dispiacere si mescola all’amarezza per una scelta che non ha lasciato spazio ad «un posto in cui i suoi cari possano andare a trovarlo per avere, per quanto possibile, un conforto», evidenzia J, il chitarrista dei Van Nuys, la band trevigiana con cui Nikkolay ha suonato diversi anni come batterista a partire dal 2009. D, il frontman, preferisce affidare il dispiacere ad un passo del Vangelo: «Chi crede nel Figlio ha vita eterna; chi invece rifiuta di credere al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui».
Il tributo
Nikkolay ha affidato la sua storia alla musica, una passione in cui «è inciampato» e che ha trasformato nel suo angolo felice. «Parlo a voce bassa», scriveva nel suo profilo Instagram, «ma sul palco posso urlare». Prima con le bacchette della batteria e poi al microfono. «Se c’è una cosa che abbiamo imparato è che la musica unisce. Sono quasi dieci anni che non suoniamo insieme, ma ora ci faremo sentire», promettono i Van Nuys, «e non saremo soli. Romperemo questo silenzio imposto. Tutti insieme».
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