Maxi truffa, in cinque a processo
In cinque finiscono a processo con accuse che variano dalla truffa, alla ricettazione all’appropriazione indebita. Avevano fatto credere ad un imprenditore edile friulano di aver trovato un socio finanziatore per la propria azienda e un marchio con il quale valorizzare l’attività nella quale aveva investito la sua intera esistenza. Ma non è andata così e, alla fine, l’imprenditore ha registrato un ammanco di mezzo milione di euro.
Per questo motivo il gup ha rinviato a giudizio cinque persone: si tratta di Massimiliano Zuin, 44 anni residente a Quinto di Treviso che ha nominato legale di fiducia Umberto Pauro, Claudio Cadamuro, 47 anni residente a Vittorio Veneto, assistito dall’avvocato Lara Tonel, Mara D’Andrea di 47 anni, rappresentata dall’avvocato Guido Galletti del foro di Treviso, Giancarlo Zanardo, 64enne difeso dall’avvocato Giovanni Battista Muscari Tomaioli del foro di Venezia, e Antonino Enrico Marina Carnelutti 57 anni di Tricesimo, difeso dall’avvocato Maurizio Conti.
Giancarlo Zanardo e Mara D’Andrea devono rispondere delle accuse di truffa e appropriazione indebita perché, secondo la Procura, avrebbero agito in concorso «nell’avviare l’operazione volta a far diventare Zanardo socio finanziatore della società (situazione che poi non si è minimamente concretizzata), nonchè nell’avviare le trattativMaxi truffae e nello stipulare la scrittura privata del 16 giugno 2014 relativamente alla cessione da parte dello Zanardo al titolare dell’impresa del 50 per cento del valore del marchio “Revenge of Homeless illimited” al costo di 375 mila euro, operazione che in seguito si sarebbe rivelata fallimentare in quanto avente per oggetto un marchio privo di valore, nullo, poichè riproduzione di altro marchio già registrato».
Con queste premesse, secondo l’impianto accusatorio, la vittima è stata indotta in errore e ha provveduto a effettuare bonifici bancari per complessivi 504.223 euro. Di diverso tenore le accuse a carico di Carnelutti, Zuin e Cadamuro, rappresentanti legali di altrettante concessionarie, ai quali viene invece contestata l’accusa di ricettazione.
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