L'Unesco apre un'indagine sulla vendita di villa Emo

Chiesti chiarimenti al ministero, al centro dell’attenzione lo scorporo della sede bancaria. Qualifica di “patrimonio” a rischio

VEDELAGO. L’eliminazione della palladiana villa Emo dalla lista dei patrimoni dell’umanità, con la cancellazione del marchio dell’Unesco, è solo una delle possibilità. Quello che per ora è certo è che il World Heritage Committee dell’Unesco, l’organismo di controllo che vigila sulla corretta conservazione dei beni culturali riconosciuti patrimonio dell’umanità, ha aperto un’indagine per valutare se la vendita di villa Emo a un magnate francese, così come prevista dal Credito Trevigiano che ne è proprietario – in particolare scorporando l’antica fattoria sede della banca – garantirebbe o farebbe venire meno il prestigioso logo di cui si pregia la villa.

È firmata dalla responsabile del settore culturale del World Heritage Centre delle Nazioni Unite per l’Europa e il Nord America, la lettera formale che è arrivata giusto l’altro ieri a Fiorenza Morao, di Vedelago, coordinatrice del nuovo comitato che riunisce i soci del Credito, denominato non a caso “No VendEmo”. 

A sollecitare la verifica sulle conseguenze che l’operazione di vendita frazionata del complesso palladiano potrebbe avere, così come impostata dal Credito, è stato proprio il comitato che riunisce i soci contrari a un’alienazione in stile “spezzatino” . C’è lo smembramento dell’unitarietà del complesso alla base delle perplessità del comitato dei soci, che hanno scelto come consulente Paolo Mazzoccato, laureato in storia dell’arte e promotore della raccolta di firme che ieri registrava 1.445 adesioni online, numero che continua a lievitare.

«Riteniamo che non sia possibile vendere villa Emo senza l’antica fattoria, che è parte integrante del complesso palladiano riconosciuto bene dell’umanità», spiega Mazzoccato. «Quando il marchio dell’Unesco è stato riconosciuto al nostro gioiello di Fanzolo, bene unico e fondamentale per l’identità del nostro territorio, nel 1996, il riconoscimento è stato attribuito al complesso palladiano, inteso come un tutt’uno».

Ne è convinto anche lo storico Giacinto Cecchetto, massimo studioso della storia e dell’architettura del territorio. E pure l’ex proprietario di villa Emo, il Conte Leonardo Emo Capodilista, aveva sollevato la stessa obiezione opponendosi a un’operazione di “macelleria culturale”.

Ma il comitato No VendeEmo ha fatto un passo decisivo, in sinergia con il Centro Guide Turistiche del Veneto presieduto da Lucia Maria Benedetti: la coordinatrice Morao ha infatti scritto al World Heritage Centre dell’Unesco, in inglese, informando sulle ultime novità che investono la villa. L’investitore francese sta completando la due diligence, che terminerà a maggio.

Entro giugno il preliminare di vendita, al valore di circa 15 milioni di euro, sarà firmato, in base al cronoprogramma. E, se nessun ente pubblico eserciterà il diritto di prelazione, la villa avrà due proprietari: il misterioso appassionato di Palladio, che ha garantito di mantenere fruibili al pubblico la villa, il parco, le barchesse e l’antico brolo, in parte crollato e da ricostruire, senza però chiarirne la modalità; e la Banca, che manterrà la proprietà dell’antica fattoria in cui si trovano i suoi uffici.

Un’operazione che, secondo il comitato non si può fare. O meglio, si può fare, ma il costo è troppo alto: «Il rischio è che venga meno il marchio dell’Unesco», ribadisce Mazzoccato. Che ha studiato tutto l’iter. «Il World Heritage Committee ha già fatto il primo passo, inoltrando la richiesta di informazioni a Roma, al ministero dei Beni culturali. A seguito del rapporto del ministero, il comitato delibererà se le modalità di vendita della villa possano compromettere l’inserimento nella lista dell’Unesco».

Secondo la presidente del Centro Guide Turistiche del Veneto, l’architetto Benedetti, «grazie a un lavoro di squadra siamo riusciti ad aprire un iter per fare chiarezza, con l’obiettivo di tutelare i nostri beni culturali nella loro integrità. La vendita di villa Emo dev’essere riconsiderata, per rispettare il vincolo di unitarietà del complesso». 

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