L’ex sindaco ricorda «Il migliore amico l’ho perso in Vajont»

Caerano, Sergio Volpato racconta la storia di Spadetto fu lui a cercarlo a Longarone per riconoscere il corpo
Di Enzo Favero
Borghesi Caerano da sinistra Sergio e Pietro Volpato e Giannino Spadetto
Borghesi Caerano da sinistra Sergio e Pietro Volpato e Giannino Spadetto

CAERANO. «Dopo la metà settembre del 1963 tornavo dalla montagna e mi sono fermato a villa Malcom a trovare Giannino Spadetto. Mi aveva portato a vedere la diga, me l'aveva decantata come un'opera straordinaria, da italiano era orgoglioso di quella diga. Prima che me ne andassi mi ha invitato ad andare lì per festeggiare il Capodanno. Mancavano solo due settimane alla tragedia»: a ricordare l’amico alla vigilia del dramma è oggi Sergio Volpato, fondatore del Maglificio Montegrappa, ex sindaco di Caerano, stretto amico di Giannino Spadetto e della moglie Franca Bolamperti, le cui spoglie torneranno domani al cimitero monumentale di Fortogna. Sergio Volpato era stato al fianco di Giannino Spadetto nella Lampugnani, nella pro loco, nella compagnia teatrale, nelle tante gite che organizzavano. «Ero partito il 10 ottobre, il giorno dopo» prosegue Sergio Volpato «per Ponte delle Alpi non si passava, sono andato per passo Duran ma anche lì c'era il blocco dei militari e si poteva passare solo con il permesso della Prefettura. Ho visto un capitano entrare in farmacia, sono andato a dirgli che avevo degli amici morti a Longarone ma che non mi lasciavano passare. Mi ha detto di seguirlo e così sono arrivato lì. Una visione orribile: nei loculi del cimitero si vedevano gli scheletri, le mucche morte avevano pance enormi, quando scavavano, senza ruspe, tiravano su morti, squadre di militari spargevano polvere bianca. Sono andato a vedere dove c'era villa Malcom: erano rimasti solo tre gradini incastrati nella roccia, l'enorme caldaia della fabbrica era stata spinta in su per due chilometri, dove c'era la fabbrica non esisteva più nulla, si vedeva solo una distesa di fusi in legno. Sono stato lì fino al pomeriggio, ero instupidito, quando sono tornato a casa non ho dormito per una settimana». Sarà lui stesso a eseguire il riconoscimento di Giannino Spadetto, l'amico e il collega di tanti anni di lavoro. «È stato trovato a Santa Giustina. Al collo aveva la cravatta, aveva solo quella addosso, probabilmente era andato a prendere la moglie in stazione e poi erano andati a casa. Franca Bolamperti quel pomeriggio era a Caerano col figlioletto Elio, l'avevo vista, era tornata a Longarone con il treno della sera». Giannino Spadetto aveva conosciuto Franca Bolamperti ad Arconate in Lombardia, quando era tornato al nord dopo l'8 settembre '43, lei era vedova, aveva perso il marito in un incidente in moto, aveva già un figlio, i due si erano sposati, erano venuti ad abitare a Caerano e avevano avuto altri quattro figli, il più piccolo dei quali Elio, ucciso dall'onda assassina all'età di 2 anni, era stato tenuto a battesimo da Sergio Volpato. «Quando Giannino era tornato a Caerano, aveva aperto un’osteria. Poi a Caerano era arrivata la Lampugnani ed era andato a lavorare lì. All'inizio era il responsabile del magazzino scorte e pezzi di ricambio, poi nel 1955 era diventato responsabile dell'ufficio personale e paghe e io avevo preso il suo posto al magazzino. Poi io nel 1962 avevo lasciato la Lampugnani e lui, quando hanno avviato la filiale di Longarone, era stato mandato lì come direttore amministrativo». E poi l'impegno nella vita politica e sociale: «Giannino era benvoluto da tutti, era schietto, solare, buono d'animo, aveva avuto tante disgrazie nella vita ma non ricordava mai volentieri il suo passato. Eravamo entrambi impegnati in politica, nella Dc, lui era consigliere comunale nel 1963, io sono diventato sindaco nel 1964 e ho riservato a lui, alla moglie, alla figlia dei loculi, in cimitero, i più belli che c'erano. Li avevamo sepolti lì a spese del comune». Con Giannino ero nella pro loco, insieme abbiamo fatto parte della "Filodrammatica San Marco", organizzavamo gite all'Arena, eravamo esuberanti, con tanta voglia di vivere».

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