L’ex Distretto cade a pezzi

Lì Fondazione immaginava appartamenti, uffici, università. Ora cerca di vendere Sabato il crollo ha svelato il degrado del complesso, compresa l’ala di Ca’ Foscari

Il crollo di un abbaino sul tetto dell’ex distretto militare di riviera Santa Margherita sabato ha aperto uno squarcio sulla condizione di totale abbandono in cui versa il complesso. Calcinacci, intonaco che crolla, sporcizia, topi, crepe ed erbacce sono quel che resta del grande progetto di Fondazione Cassamarca che lì immaginava università, appartamenti di lusso, uffici ed ora sogna solo una cosa: vendere. L’abbandono non risparmia nulla, nemmeno l’area universitaria.

La situazione. Lo stato delle cose è sotto gli occhi di tutti, evidenziato oggi da metri e metri di nastri bianco e rosso con il quale i vigili del fuoco hanno circoscritto tutto il perimetro dell’ex distretto che guarda il Sile per evitare che nuovi possibili cedimenti mettano in pericolo le persone. Ca’ Sugana ha già pronta una lettera per Fondazione vuole che l’edificio «venga messo in sicurezza quanto prima». Ma un cerotto non basta.

Nulla più delle targhe con la scritta Ca’ Foscari che campeggiano all’ingresso dell’area universitaria rappresenta meglio le due facce dell’ex distretto: una, quella vicina al cancello principale, brilla di caratteri dorati; l’altra, quella nel portone a due passi da lì, sparisce dietro ragnatele, sporcizia, polvere che ormai stanno divorando perfino gli affreschi che una volta abbellivano il porticato. Dopo aver ristrutturato una parte del vecchio complesso militare, Fondazione ha tirato i remi in barca, prima in attesa del via libera del consiglio comunale di Treviso perplesso su un progetto che continuava a cambiare, poi gelata dal suo stesso bilancio e dalla crisi del mattone. Così, su tutta l’area che doveva essere oggetto del restauro non si è mossa foglia. E così è avvenuto anche per gli immobili dati in uso a Ca’Foscari. Lo stato di abbandono è tangibile infatti anche nel complesso universitario.

Il degrado. La zona biblioteca, dopo il crollo e le infiltrazioni e rattoppate quattro anni fa, è rimasta chiusa, come le aule ad esse adiacenti. L’edificio rosso che ospitava spazi studio e uffici è semi-inutilizzato e dietro, per chi decide di avventurarsi, tra le erbacce spuntano sedie rotte, tubi e avanzi di cantiere.

E questa, tra finestre aperte, intonaci che crepano ed erbacce, è la parte restaurata. Oltrepassare la recinzione che delimita il resto del complesso è imbattersi nel totale e assoluto nulla. Dietro le porte spalancate, gli scuri rotti e consumati, e tanze e stanze dove la vernice si stacca dalle pareti a fogli, dove il pavimento è coperto da una coltre di polvere, cemento, pezzi di muro caduto e ragnatele. Il tetto in legno crolla perché è la parte più deperibile, ma il resto non dà certo l’idea di resistere molto.

Il telo che chiude le finestre affacciate sul Sile è una foglia di fico. E chi vive a tu per tu con il degrado del complesso – il circolo ufficiali e l’ufficio tecnico del’esercito, ancora nell’ala sud del’area – sa bene quale sia lo stato delle cose. E il cartello che ancora campeggia sulla facciata che guarda la strada («Indagini strutturali e storico architettoniche finalizzate al recupero») pare una pubblicità passata di moda, o il tentativo di dare a chi guarda una speranza che gli stessi proprietari non sembrano avere più.

Perchè investire sul complesso. se l’intero piano di recupero poteva essere venduto? Questo forse il ragionamento alla base del disinteresse di Fondazione: dopo aver manifestato l’intenzione di realizzare nuove aule universitarie, nuovi alloggi, nuovi uffici, ha cambiato radicalmente rotta puntando alla vendita. Peccato però che poi la trattativa avviata con il fondo immobiliare Numeria sia svanita (2013) creando una situazione ancor più pesante: oltre all’abbandono, la disillusione.

Destino incerto. Qual è, oggi, il destino dell’intero complesso? Nessuno lo sa. In Comune, dove si punta alla riqualificazione dei punti neri, c’è chi pressa perché Ca’ Sugana incalzi Fondazione chiedendo di sciogliere la paralisi quanto prima. Ancor più se l’ex distretto perde i pezzi.

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