L’abbandono scolastico aumenta ancora

Una “task force” tra scuola e servizio sanitario, pronti a cambiare le carte finora in gioco nella scuola tradizionale per dar battaglia alla dispersione scolastica. Pionieri di un progetto approdato per la prima volta in Italia il Cpia (Centro per Centro provinciale per l’istruzione per gli adulti) di Treviso e il Dipartimento per le dipendenze dell’Uls 9 che da ottobre hanno aperto i battenti ad un servizio alternativo di scuola. Tanto da chiamarsi “Fuori scuola” per provare insieme a far concludere l’obbligo scolastico a ragazzi tra i 16 e i 18 anni che ai libri hanno voltato le spalle.
Così la scuola “senza scuola” in città ha trovato casa in via Zermanese dove è già attivo un centro di ascolto per i giovani. Con tanto di lezioni fatte sì di insegnanti in cattedra, ma anche di attività pratiche e laboratori che si svolgono in contemporanea alle lezioni. E con in classe gli educatori e operatori sanitari al servizio degli studenti che sulla scuola vogliono ancora scommettere. Intanto a dare la dimensione del fenomeno nella Marca sono i dati sull’abbandono scolastico.
Ogni anno al servizio Diritto/Dovere all’istruzione dello sportello per l’impiego della Provincia di Treviso bussano alla porta 450 ragazzi che rientrano nel limbo dei giovani non occupati nello studio. Tantomeno alle prese con un lavoro o con un percorso di formazione. Minori meglio indicati con l’acronimo inglese di Neet (Not in education, employment or training). E per questo seguiti dal servizio fino alla maggiore età: giocando la carta dei tirocini, della ricerca effettiva di un lavoro o dell’orientamento scolastico.
Il numero di chi volta le spalle alla scuola negli ultimi anni in provincia di Treviso è in crescita. Per lo più tra gli studenti dei centri di formazione e degli istituti professionali, rispetto agli istituti tecnici e ai licei: «Una maggiore dispersione scolastica si è verificata negli ultimi anni a causa delle chiusura di diversi centri di formazione professionale», spiega Vanna Sandre responsabile dell’Ufficio interventi educativi dell’Ufficio scolastico provinciale, «dove studenti non propensi ad altri indirizzi di studio si sono trovati in difficoltà e per questo hanno abbandonato la scuola».
E se in provincia di Treviso negli ultimi anni scolastici a sparire come bolle di sapone per mancanza di fondi sono stati non pochi Centri di formazione professionale - per lo più sfoltiti dalla Regione - a venire a galla tra le cause dell’abbandono scolastico vi è pure l’aumento di un diffuso disagio sociale che, complice la crisi economica, prende di mira le fasce più deboli.
«Tra gli studenti che non frequentano più la scuola ci sono figli di immigrati di seconda generazione, che perdono i legami con la cultura d’origine e non sono ancora ben inseriti nel nostro Paese», spiega la professoressa Lucia Bulian, insegnante del Cpia, il Centro provinciale per l’istruzione per gli adulti di Treviso che si occupa anche di minori che non hanno concluso l’obbligo scolastico, «ci sono poi ragazzi italiani che vanno in crisi nel passaggio dalla scuola media alle superiori e che iniziano a manifestare forte disagio con atteggiamenti di rifiuto o bullismo. Non mancano poi casi di minori che sviluppano una dipendenza da smartphone, Internet e social network al punto da non riuscire più a staccare la spina nemmeno per venire a scuola».
Suona stavolta dal Dipartimento per le dipendenze dell’Uls 9 un altro campanello d’allarme che individua tra le cause dell’abbandono pure la diffusione di sostanze stupefacenti. Cannabis in primis: «Queste droghe scatenano pigrizia mentale, tolgono ai ragazzi la voglia di fare», mette in chiaro il dottor Giuseppe Zanusso, responsabile del Dipartimento per le dipendenze, «Fanno perdere l’entusiasmo ad applicarsi e alimentano le devianze».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso