La Fonderia non balla più Locali in crisi e piste chiuse

Un anno fa l’ultimo fine settimana danzate. Oggi l’Home bar chiede il concordato l’Havana abbandona la disco e Radika non riapre, i pochi in attività soffrono

Un anno fa, era il fine settimana di sabato 22 febbraio e domenica 23, nei parcheggi della Fonderia, tra Strada Ovest e Santa Maria del Rovere, il via vai delle auto tra i locali del rione della movida di Treviso era intenso e dentro le discoteche si ballava, si beveva, nei ristoranti i tavoli erano in massima parte pieni. C’era già il timore del Covid, ma c’era ancora la speranza che fosse un male passeggero, temporaneo. Invece quello di un anno fa è stato l’ultimo ballo della Fonderia. Da allora a oggi le discoteche non hanno più riaperto e i ristoranti che hanno rimesso in moto le cucine l’hanno fatto a fatica, scontrandosi poi con i divieti imposti dopo una libertà estiva che non ha aiutato tutti. Oggi non si balla più, e la cittadella del divertimento non è masi stata cosi desolante, tra porte chiuse, cartelli di vendita, catene a chiudere l’ingresso dei giardini e dei corridoi di accesso ai locali dove i calendari sono fissi all’anno scorso. «L’attività serale ci è preclusa e chissà ancora per quanto» dice Riccardo Checchin, titolare della discoteca Radika e anche di altri quattro locali tra Jesolo, Cortina e Padova, «se ci daranno la possibilità di riaprire non sarà certo a breve, e quando avverrà per noi non sarà di sicuro più conveniente. Radika è un locale di città, con la bella stagione la gente preferisce il litorale, tenere aperto per due mesi non vale la candela. È un dramma» sottolinea, «perché i costi vivi non si son fermati, ma non possiamo fare altro che rimandare tutto al prossimo settembre o ottobre, sperando cambi. Sperando di riaprire». Un altro nome di peso della Fonderia è “Home”, il locale da cui è iniziata l’avventura bellissima dei festival rock, prima in Dogana a Treviso, poi a Parco San Giuliano a Mestre. Un sogno violentemente svanito nel fallimento della società nata proprio dal bancone del locale. Oggi l’Home è chiuso, pochi giorni fa la società (in liquidazione) ha presentato al tribunale richiesta di “concordato”, la via per evitare il fallimento. «Stiamo cercando la strategia per ripartire salvaguardando anche i dipendenti» dice il commissario Andrea Da Ponte, «il Covid è stato una mazzata». All’Home si mangiava, si beveva, ci si affollava per i concerti, ora è tutto buio.

C’è il cartello “vendesi” sulla vetrata d’ingresso di quelli che erano gli spazi del “Fair play”, una sorta di casinò cittadino che viveva con i clienti dei tanti locali attorno. È chiuso, a oltranza, il ristorante Flame’n Co., altro locale gettonatissimo da chi iniziava le notti della Fonderia con un paio di portate e buon vino.

L’Havana, per tirate tardi, era poi un’altra pista perfetta del rione; una discoteca nata oltre vent’anni fa e resistita al passaggio di mode e generi musicali con qualche pausa. L’ultima, definitiva, a febbraio scorso. «Ho rinunciato alla discoteca e sto trasformando il locale» ammette il titolare, Matteo Beorchia, «ballare? Credo ormai sarà un sogno, e di certo oggi non è un orizzonte imprenditoriale percorribile. Riconverto tutti gli spazi alla ristorazione, investendo, spendendo di mio, rischiando, ma sempre meglio di non poter lavorare».

I ristori? «Pipe di tabacco, nemmeno hanno coperto gli affitti» è la frase che ripetono tutti. Sopra l’Havana c’è il Sunset, altro locale simbolo del rione, altra porta chiusa. «Riaprirà solo per occasionali eventi o serate, quando si potrà mai» dice il titolare. I parcheggi abituati ad accogliere centinaia di auto sono deserti. C’è giusto qualche auto dei dipendenti degli uffici vicini, quei pochi che non sono in smart work.

Oasi in un deserto urbano è l’Osteria Bastian, aperta, resistente: «È un momento difficilissimo, il rione della movida non c’è più, lavoriamo con uffici e clienti vari a pranzo e speriamo, “teniamo accesa la macchina”, non lo facessimo rischieremmo non partisse più: va bene come metafora?» domanda il titolare Claudio Piol, anni di ristorazione e locali alle spalle. Fa appello al Comune, perché ripensi la zona, dando più spazio alle terrazze dei locali. Per riportare almeno un po’ di chiacchiericcio in quella Fonderia che prima rimbombava di gente ogni fine settimana.—



Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso