La culla del tiramisù e della tradizione

Carlo Campeol: «Meglio andarsene guardando ancora la gente negli occhi»
Agostini Treviso Ristorante beccherie piazza ancilotto
Agostini Treviso Ristorante beccherie piazza ancilotto

Chissà dove va e a chi va. Di certo va. Il tempio gastronomico delle Beccherie, il luogo in cui da signora Alba battezzò il primo “tiramisù”, non sarà mai più come lo aveva pensato e disegnato la famiglia Campeol. Il ristorante Alle Beccherie chiude i battenti per lasciar posto a... uno dei tanti punti di domanda che decorano il centro in quest’ecatombe figlia a metà della crisi e a metà di chi ha scelleratamente desertificato il cuore della città. «E bello farlo quando si può guardare negli occhi la gente - dice Carlo - i tempi sono maturi».

Alle Beccherie è passata tutta la Treviso Bene. E tutta l’Italia Bene che transitava per Treviso. Magari non i presidenti della Repubblica e del Consiglio, chè quelli son sempre andati a casa del Prefetto con la complicità di qualche ristoratore da trasferta. Ma buona fetta della politica democristiana (i socialisti passavano al Bersagliere, cultura e politica di sinistra si facevano allegramente strapazzare dalla Nerina dell’Oca Bianca), delle banche, dell’impresa e dell’establishment – prima che nascessero Incontro e Alfredo – hanno sempre fatto tappa dai Campeol. Magari anche solo per gustare la popolarissima coppa “radicio-pasta-fasioi”.

Va detto inoltre che la centralissima e prestigiosa piazza Ancillotto, che i vecchi chiamavano “dei cunìci”, non è stata che l’approdo finale della famiglia che ha oggi in Carlo il suo ultimo rappresentante “al banco”. È in via Inferiore, infatti, a due passi dal Monte di Pietà, che la mitica Antonietta Biasin si installa alle “Quattro Corone” già dei Montagner e dei Florian, con il suo menù di sopa de tripe, pasta e fasioi, durei, aj e còi de oca, teste e sàte de capòn. Lo stabile e i locali sono quelli che saranno ricostruiti post-bombardamento e che oggi ospitano la vendita e l’affilatura di forbici e coltelli di Nascimben.

I Campeol, insomma, come si direbbe oggi, sono “nel settore enogastronomicodal 1902. E di anni ne passano, prima che, preso il posto dei Mestriner in piazzetta dei Cunici-Ancillotto (i conti la ribattezzarono ben dopo i deliziosi leporidi, esattamente come un’altra piazza fu del Grano molto prima di essere intitolata a Matteotti) possano entrare nell’epoca di diamante della cucina trevigiana, quella in cui i Cracco di allora, ovvero i Mazzotti e i Maffioli, fecero godere alle nostre pentole una fama nazionale. Non è un caso che nel 1960 il “Piatto d’oro della cucina trevigiana”, una specie di masterchef de noaltri e dell’epoca, vada proprio alle Beccherie.

Da quei giorni non ci sarà battesimo, cresima, addio alle armi e promozione di rango, ovvero di “una certa Treviso” che non vi facciano tappa con i piedi sotto i tavoli.

Un rito borghese, certo, quello di fermare un momento importante, un Natale o una Pasqua, chez Campeol. Gli anni certamente passano, anche “quella” cucina è probabilmente per nostalgici e destinata a tramontare di fronte a quella più leggera e modaiola. Resta il fatto che Carlo Campeol, cui l’impresa è passata, sente il peso di quel “transatlantico”, prova a snellirlo, negli spazi e negli orari, riducendolo alla parte del fabbricato che è strettamente di famiglia. Anche quei tavolini sotto il portico che erano stati un bel vezzo estivo, diventano in più con lo svuotarsi del centro storico.

E forse, come si fa con ogni bellissima cosa, è bene non strapazzarne il ricordo. Allora si fa strada l’ipotesi più dura, quella di chiudere, di passare la mano, chissà.

Ieri l’effetto della notizia è stato, naturalmente, quello di una bomba. La piazza ha “ciacolato” tanto, di gusto, come sempre.

Antonio Frigo

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