Iveco, 2 giorni al mese di cassa integrazione

VITTORIO VENETO. Cassa integrazione all’Iveco di Bolzano e nella stessa azienda di Vittorio Veneto. A partire da gennaio 2106, i lavoratori staranno a casa 2 giorni al mese, per una ventina circa di giorni pagati come cassa integrazione ordinaria. L’azienda lo ha annunciato, sia a Bolzano che a Vittorio Veneto, allo stesso sindacato, che sta provvedendo a discuterne con i lavoratori, ma rassicurandoli sul futuro. Si tratterebbe, infatti, di misure che non segnalerebbero una situazione di crisi. Dettate invece da una situazione congiunturale, che deriva dal passaggio delle produzioni tradizionali (a Vittorio Veneto la componentistica dei blindati “lince” e in particolare la realizzazione di prototipi) ad altre più innovative. L’azienda non parla, al riguardo, e i sindacati nemmeno, tenendo conto che si tratta di segreti militari, ma recentemente l’ex sindaco di Vittorio Veneto, Toni Da Re, ha svelato che Iveco avrebbe vinto la commessa relativa ad un carro armato di nuova concezione e dotato di particolari condizioni di sicurezza. I lavoratori della Iveco vittoriese sono una novantina e quest’impresa rappresenta uno fra i patrimoni industriali più autorevoli della città, affidabili anche dal punto di vista del lavoro. Finora ha attraversato la crisi generale senza essere ricorsa alla cassa integrazione ed è per questo che l’indiscrezione ha destato sorpresa. Se il sindacato, a Vittorio Veneto, mantiene un assoluto riserbo, in allarme è quello di Bolzano. A destare una certa preoccupazione, come sottolinea il segretario provinciale della Uil Toni Serafini «è che Iveco negli ultimi trent’anni non aveva mai fatto ricorso alla Cig ordinaria, proprio perché è sempre stata in salute grazie ad una serie di commesse importanti sul mercato internazionale, dalla Russia al Brasile. Ciò induce ad osservare la situazione con particolare attenzione, al di là delle venti giornate programmate».
Sempre l’ex sindaco Da Re ha anticipato che l’Iveco sarebbe interessata all’acquisizione della Mafil, stabilimento che si trova in continuità con la sua fabbrica, considerando appunto i possibili sviluppi della produzione. Questa volta a sorprendersi è stata la stessa ditta, perché non ha messo in conto una prospettiva del genere. «Non ne so nulla», ha ammesso nei giorni scorsi il sindaco Roberto Tonon, «Non abbiamo ricevuto nessuna offerta». L’alienazione della Mafil valde un milione e 600 mila euro, ancorchè trattabili, in un momento come questo. (f.d.m.)
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