Il resti del milite ignoto austroungarico trovano pace nell’Ossario di Fagarè

la storia
Nel luglio dello scorso anno, durante gli scavi per la realizzazione della fognatura, era emerso nel giardino di villa Tommaseo lo scheletro di un soldato austroungarico morto durante la Prima guerra mondiale. Finalmente, le ossa recuperate hanno trovato una degna sepoltura. Nei giorni scorsi alcuni militari, su incarico dell’ente “Onor Caduti”, si sono recati alla stazione dei carabinieri di Ponte di Piave ed hanno prelevato i poveri resti, portandoli momentaneamente al vicino Ossario di Fagarè della Battaglia. In un secondo tempo verranno trasferiti all’Ossario di Borso del Grappa e poi, probabilmente, in Austria. Ma sulla destinazione finale deciderà l’associazione “Croce Nera” che collabora con il Ministero della difesa austriaco, con lo scopo di onorare la memoria dei caduti d’Oltralpe.
Dal parco di villa Tommaseo, oltre allo scheletro, che ai piedi calzava ancora un paio di anfibi ben conservati, erano stati rinvenuti altri interessanti oggetti che dovevano appartenere al militare forse deceduto nel giugno 1918 durante la violentissima battaglia del Solstizio. C’erano alcune giberne, che al loro interno contenevano vari serbatoi metallici con caricatori a 5 colpi con i relativi proiettili in uso ai moschetti austriaci. E poi un filtro della maschera antigas, oltre ad un pugnale da assalto. All’indomani del ritrovamento il pubblico ministero Paolo Fietta, della Procura di Treviso, aveva disposto il sequestro di parte del giardino e ordinato ai carabinieri di Ponte di Piave ulteriori controlli da eseguirsi nell’area retrostante la villa, avvalendosi di un esperto dotato di metal detector.
Le accurate ricerche non avevano però consentito il rinvenimento della piastrina personale in dotazione ai soldati di tutti gli eserciti anche durante la Prima guerra mondiale. Quindi, il soldato di villa Tommaseo resterà, per sempre, un milite ignoto, anche se certamente austroungarico. All’inizio erano sorti dei dubbi sulla sua nazionalità, in quanto gli anfibi che calzava erano quelli in dotazione all’esercito italiano, come pure la pala trovata nelle vicinanze dello scheletro. Questa incongruenza venne risolta dagli storici locali Renzo Toffoli, Claudio Rorato, Vito e Bruno Marcuzzo. Tutti d’accordo sul fatto che gli anfibi fossero italiani: «Ma - spiegarono - all’indomani della disfatta di Caporetto il nemico si impadronì di depositi e magazzini precipitosamente abbandonati dal nostro esercito e nelle mani degli invasori caddero sicuramente migliaia di paia di scarponi ed anche di badili». Con la sepoltura delle spoglie in un ossario si chiude questa vicenda, che la scorsa estate aveva incuriosito tante persone e molti appassionati di storia. —
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