Il Gruppo Brigate Vittorio Veneto e la lunga lotta per la Liberazione

I FATTI
Il Gruppo Brigate “Vittorio Veneto” nasce ufficialmente il 27 marzo 1944, quando la formazione salì per la prima volta da Montaner in Cansiglio. L’altipiano, da quel momento, diventerà la zona residenziale della formazione fino alla Liberazione. La denominazione “Vittorio Veneto” fu assunta a ricordo della Città della Vittoria, così pregna di significati nazionali e patriottici. La sera del 27 marzo 1944, una ventina di militi del presidio della Guardia nazionale repubblicana del Sifone della Friga, meglio conosciuto come “Tubo”, guidati da un ufficiale tedesco, erano giunti a Montaner, irrompendo nella canonica e catturando monsignor Faè. Il sacerdote era di fatto l’animatore del gruppo cospirativo del paese, composto dalla sorella Giovanna, da Giovanni Zanette, dall’impiegato comunale Domenico Favero e dal medico Angelo Dal Bo Zanon.
Tre giorni dopo la retata, a Vittorio Veneto fu fermata anche la staffetta Elisa Perini. Prontamente informato dell’accaduto, Giobatta Bitto, l’ex sottotenente degli alpini che era tornato a piedi dall’ex Iugoslavia dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e che era l’anima militare del movimento, non perse tempo.
Radunò i giovani che facevano parte del gruppo cospirativo sorto a Montaner intorno a don Faè e che avevano partecipato ai sabotaggi nei mesi precedenti, e con le poche armi e i pochi viveri racimolati e nascosti segretamente sopra la latteria sociale, si portò senza indugio sul Cansiglio, precisamente in località Col Alt, seguito nei giorni successivi anche dal gruppo cospirativo di Vittorio Veneto, dando così il via a un vasto fenomeno di resistenza a fascisti e tedeschi.
Al primo nucleo di resistenti, circa una ventina, di Montaner e Vittorio Veneto, si aggiunsero in seguito ex ufficiali, soldati sbandati, operai, contadini e renitenti provenienti dalla pedemontana e dalla Destra Tagliamento. Leader naturale e carismatico in tutte le fasi del “Vittorio Veneto” fu sempre Giobatta Bitto “Pagnoca”, chiamato da tutti i compaesani “Battista”, o meglio, “Batista”, alla veneta, studente di ingegneria, ufficiale degli alpini, antifascista. A lui i giovani di Montaner e Vittorio Veneto affidarono le loro vite e il loro destino quando venne a mancare la guida morale di don “Galera”, e continuarono a farlo durante quei venti lunghi mesi di lotta, mentre in pianura, a organizzare la logistica e le forze territoriali, rimarrà Ermenegildo Pedron, Libero, vicecomandante della formazione.
Il territorio dove operava il Gruppo Brigate aveva grande importanza strategica nell’economia di guerra. Era di fatto un crocevia di importanti vie di comunicazione, come la linea ferroviaria e stradale che collega direttamente il Veneto alla Germania. Proprio la strada Alemagna, a partire dal 1945, si rivelerà di strategica importanza, in alternativa al Brennero, per far affluire in Italia e in Germania uomini, armi e rifornimenti. —
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