Il cinema rivive per una notte dopo 60 anni
Una folla di gente per la riapertura del Garibaldi, set di un film

A sinistra un’immagine del vecchio cinema di Codognè A destra, nella foto scattata da Martino Biondi, il set del film
CODOGNE'.
Il vecchio proiettore è ancora lì, nascosto da 60 anni di polvere. Davanti al vecchio cinema Garibaldi, una folla di gente, il brulè a scaldare il fiato, e il profumo di una volta. E' il sogno per una notte dei nostalgici di Codognè: il cinema riapre. Durerà soltanto qualche ora, il tempo di rispolverare i ricordi di gioventù dei più anziani, quando i film li si andava a vedere la domenica pomeriggio, sigaretta in sala e indosso una maglia di lana. L'occasione che porta tutti davanti al vecchio cinema in via Roma è data da «Lost in devil's country», un film che si sta girando tra le campagne trevigiane e friulane. «La storia - spiega il regista Matteo Corazza - si basa sulla fuga di una banda di criminali inseguiti dalla polizia che troveranno rifugio in un casolare abbandonato, luogo di misteriosi accadimenti. Per la casa stiamo utilizzando gli interni dell'ex latteria di Ghirano, mentre per le altre riprese giriamo in lungo e in largo la campagna circostante». La scorsa settimana la troupe si trovava a Ponte di Piave, poi al «Bar al centro» di San Fior, allestito in versione vintage e con gli anziani del paese al centro della scena. Ambientato negli anni '80, il film si inserisce nel filone horror/fantasy dello stesso periodo, con flashback riferiti agli anni '60. Come nel caso della scena girata in centro a Codognè, brulicante di riferimenti dell'epoca: una Topolino, una Millecento, due Vespe, e, ovviamente, protagonisti e comparse munite di bombette e vestiti raccattati dalle soffitte. «Ho preso il cappotto del nonno, ho chiesto di partecipare, ed eccomi qua», raccontava un giovane entusiasta di prendere parte alle riprese. «E' un occasione per stare insieme e divertirsi, oltre che di assistere in prima persona a un evento storico». E' infatti la prima volta che le strade di Codognè vengono usate come set cinematografico. La scena girata venerdì notte ritrae una giovane coppia uscire dal vecchio cinema, nella locandina «La maschera del demonio» di Mario Bava, e tornare a casa inseguita da un'auto piena di bulli. La colpa è quella di essere lei bianca, lui nero. «Il film - spiega Corazza, coautore con Nicola Benedet - maschera una serie di messaggi riferiti al decadimento della società. Come nella tradizione horror degli anni '80, dove a esempio gli zombies venivano utilizzati per simboleggiare l'analisi della società americana, anche noi abbiamo voluto dare una serie di riferimenti, di criticità al mondo moderno». Simboli per invitare e provocare lo spettatore a una riflessione sui vizi dell'uomo e sul rapporto con la natura. La campagna sarà un altro elemento fondamentale del lungometraggio, per una volta mostrata nel suo abito di luogo minaccioso e sinistro, ideale per lo smarrimento dell'individuo. E chissà in quanti si saranno smarriti nei ricordi, a vedere le luci accese del vecchio cinema. Chissà se mai si riaccenderanno. Si vivesse di speranze, ci sarebbe già la coda per staccare il primo biglietto. A cominciare dal sindaco, Roberto Bet, visto girare in mezzo alla folla chiedendosi: «chissà, magari un giorno...».
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