Il cavaliere errante in difesa della cultura a Treviso. Chiude la libreria “Santi Quaranta”

L’intervista
Un altro pezzo della bella Treviso se ne va: il 31 dicembre chiude senza appello la libreria Santi Quaranta di via Sugana, gestita, come l’omonima casa editrice, da Ferruccio Mazzariol, 80 anni e una personalità di vivace folletto, come ricorda il cognome. Da sei anni la piccola libreria stipata di volumi era punto di riferimento per i cittadini di Marca ma non solo.
Lei si sente l’ennesima vittima del caro affitti?
«Sì ma non chiudo solo per questo. In centro gli affitti sono esagerati. Io pagavo 1.800 euro per 60 metri quadri e a gennaio avrei dovuto subire l’aumento del 10 per cento superando quota 2 mila. La stessa sorte l’hanno subita molti negozianti vicini, dall’abbigliamento alle storiche sementi, all’erboristeria che presto traslocherà. Per non parlare della stamperia di piazza Pola con i suo deliziosi bigliettini artigianali. E poi c’è la concorrenza del web e le leggi italiane che non aiutano né l’editoria né le librerie».
Non si poteva fare diversamente?
«L’assessore alla Cultura Colonna Preti è venuta in negozio per capire se poteva darmi una mano. La ringrazio ma penso che le istituzioni non debbano agevolare i proprietari esosi ma intervenire in altre forme, con sgravi fiscali, penalizzazioni per chi possiede locali sfitti».
I cittadini hanno acquistato pochi libri?
«Una battuta: se i consiglieri comunali avessero preso ciascuno un paio di libri sarebbe stato un bel gesto. Scherzi a parte in realtà Treviso è città vivace, con tanti appassionati e anche tante librerie se la paragoniamo ad altre città simili. Uomini e soprattutto donne si fermano spesso ad acquistare i libri della mia editrice e quelli che ho collezionato macinando 60 mila chilometri all’anno per diffondere l’amore per la lettura».
Ma la libreria è in rosso?
«Devo dire che in sei anni solo nel 2017 abbiamo chiuso in attivo, per effetto delle mostre di Goldin e per l’adunata nazionale degli alpini. Le penne nere sono entrate numerose in libreria, interessate non solo ai lavori dedicati alla Grande Guerra».
Ora che farà di tutti questi volumi?
«Beh, non li porto certo al macero: farò un grande carico diretto a Pianzano, dove troveranno ospitalità nella casa che mi hanno lasciato in eredità le mie zie. Mi piacerebbe trasformala in biblioteca, si vedrà. Sono 5 mila volumi a cui si aggiungono i 10 mila che ho stipati sugli scaffali della mia casa trevigiana».

E la casa editrice che fine farà?
«Tengo duro per un altro po’ ma vorrei venderla. Ho già qualche offerta da valutare, perché non cedo solo un patrimonio di 50 mila volumi ma anche un marchio e un prestigio costruito in trent’anni di lavoro e passione. È una casa editrice senza debiti, che paga i diritti ai propri autori e non si fa pagare per pubblicarne i lavori, come accade troppo spesso anche nel nostro territorio».
Qualche curiosità o fatto strano capitato in libreria?
«Tante sono le persone che si sono affezionate e vengono regolarmente ad acquistare le novità. Non mancano gli stranieri. Un giorno è capitato un professore di Berlino che ha portato via un sacco di volumi d’arte e un altro, penso fosse di queste parti, interessato a una storia degli Armeni. Volevo fargli lo sconto e ho proposto 35 euro al che lui si è quasi offeso e mi ha dato 50 euro dicendo che quel libro li valeva tutti».

Lei è nato sulle grave del Piave ma ama Treviso, a cui ha dedicato un libro: qualità e difetti dei trevigiani?
«È la stessa caratteristica insita nel nome che ricorda i “tre-visi”. Non si tratta di un elemento per forza negativo, dipende da come lo si usa. Il trevigiano sa dissimulare, è gentile e un po’ cerimonioso. Nutre doti di mediatore, non ama i conflitti aperti. Tutto ciò si trasforma in difetto quando sfocia nell’ipocrisia e falsità».
Il sindaco trevigiano più innamorato dei libri?
«Luigi Chiereghin, primo cittadino negli anni Sessanta. Colto, brillante, intratteneva i trevigiani in piazza dei Signori fino alle 2 e tutti dimenticavano di andare a mangiare».
E lei come si definisce?
«Un cavaliere errante in difesa dei libri». —
Laura Simeoni
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