Il cantiere della Pedemontana ad Altivole: "Hanno distrutto il bosco dedicato a mia moglie"

ALTIVOLE. Inattesi, sono arrivati con ruspa ed escavatore cingolati in via Alpini, a cavallo tra San Vito di Altivole e Riese. Hanno tagliato la rete che cingeva il bosco della Speranza, 25 mila metri quadrati di noceti, ciliegi, ontani, rubinie, cornus, ... cresciuti negli ultimi vent’anni con le cure attente di Giuseppe Piccolotto e della moglie Speranza, mancata quale anno fa.
Hanno steso quella arancione che delimita il cantiere della Pedemontana Veneta e hanno iniziato ad abbattere le piante liberando il terreno su cui scorrerà il nastro d’asfalto della superstrada. «Un blitz in piena regola», denuncia Osvaldo Piccolotto, uno dei volti della battaglia antiPedemonana, «Un colpo al cuore per mio padre Giuseppe, 81 anni compiuti». E lui, Osvaldo, è subito corso alla caserma dei carabinieri di Riese per tentare di fermare «lo scempio in atto».

Qui ha scoperto che esiste un decreto di esproprio, firmato dal geometra della Sis, datato 18 dicembre 2017, «ma mai notificatoci». Nessuna opposizione nel termine di 15 giorni previsto dalla legge - «non conoscevamo l’esistenza dell’atto», si difende Piccolotto- e così ieri gli operai della Sis sono entrati in azione. Determinati e incuranti delle proteste del proprietario e del figlio, hanno iniziato ad abbattere gli alberi. «Giù noceti, ontani... di questo nostro bosco sperimentale, di ognuno di quegli alberi papà conosce l’esatta dislocazione», continua Osvaldo Piccolotto che stamattina dalle 6.30 sarà di nuovo lì per tentare di fermare l’azione dei mezzi cingolati. «Ho già messo in moto i nostri legali», informa, «Ieri abbiamo scoperto dalla visura catastale in possesso dei carabinieri che il nostro bosco risulta già di proprietà della Regione. I soldi dell’esproprio sono stati versati alla Cassa Depositi e Prestiti, a nostra insaputa. Di quel denaro non sappiamo cosa farcene, per noi non ha alcun valore. Difenderemo fino all’ultimo il nostro bosco, usato anche dagli scout per i loro campeggi». Ieri pomeriggio nel polmone verde di via Alpini sono arrivati i carabinieri.
Piccolotto annuncia resistenza a oltranza. «È stato un blitz, non avevano diritto a entrare nel bosco che mio padre ha dedicato a mia madre», ripete, «Quell’esproprio a noi non è mai arrivato. E poi di che pubblica utilità parliamo? Quest’opera ormai è una strada privata. Il governatore Zaia con il decreto 1500 dello scorso 27 giugno ha stabilito che gli espropri possano essere firmati direttamente dalla società appaltatrice. Un’ altra assurdità».
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