Ikea, mezzo miliardo di ordini di Marca

TREVISO. Con quasi mezzo miliardo di euro di ordini il gruppo Ikea è diventato il primo cliente per le aziende di mobili trevigiane. Traguardo pronto a essere sfondato dopo che il colosso dell'arredamento low cost ha deciso di portare in Italia tre produzioni svolte fino a ieri in Asia. Abbastanza per far sfregare le mani alle imprese trevigiane coinvolte, impegnate nelle produzioni di antine, pannelli, maniglie e complementi in plastica, rimontati e poi venduti da Ikea, che si è creata una filiera a cavallo tra Veneto e Friuli, dove Treviso gioca un ruolo chiave. Un sodalizio lungo 15 anni, che oltre ai ricavi ha portato un flusso costante di utili, per lo più reinvestiti nelle stesse aziende diventate la punta di diamante nell'industria del legno italiana, oggi protagoniste di una delocalizzazione al contrario, diretta verso l'Italia, che sta premiando la qualità delle produzioni ai risparmi sul costo del lavoro prima garantiti dai mercati emergenti. Tra i casi più eclatanti c'è sicuramente la 3B di Salgareda, che in 10 anni ha più che raddoppiato il suo fatturato: dagli 85 milioni del 2001 ai quasi 200 milioni del 2010. Una crescita culminata con la recente richiesta da parte della famiglia Bergamo - titolari dell'azienda - decisa a introdurre la produzione a ciclo continuo: sette giorni su sette, 24 ore su 24. Evento raro in tempo di crisi, bocciato però da buona parte dei circa 600 dipendenti dell'azienda.
«La proposta prevede un salario aumentato del 50% per chi si lavora la domenica», spiega Roberto Martini della Femca-Csil, «non abbastanza per i dipendenti della 3B, che non hanno sciolto le riserve».
Per poter lavorare con Ikea bisogna infatti essere tempestivi nelle consegne, producendo componenti di qualità e offrendo la massima flessibilità, nodi non semplici da assimilare. Stesso tenore di affari per la Media Profili di Mansuè della famiglia Pasquali, 245 milioni di fatturato a fine 2011 e 11 anni di forniture per Ikea, seguita dalla Friul Intagli, che conta uno stabilimento a Portobuffolé. Dietro, l'indotto dei piccoli artigiani della Sinistra Piave legati alle imprese maggiori, che grazie a Ikea hanno trovato una valvola di sfogo. «Ormai sono gli svedesi a decidere il nostro destino», spiega un imprenditore della filiera trevigiana.
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso