Falsi permessi, 3 anni e 4 mesi al poliziotto

L’assistente capo Torresan patteggia davanti al giudice di Venezia, condannati due cinesi di Altivole
Di Giorgio Cecchetti

L’ assistente capo della Polizia Ivano Torresan, un tempo in servizio all’Ufficio immigrazione della Questura di Treviso, ha patteggiato la pena di tre anni e quattro mesi di reclusione, il consulente di Reggio Emilia Camillo Aceto ha patteggiato tre anni di reclusione, infine i due cinesi di Altivole, che sono stati giudicati con il rito abbreviato, sono stati condannati uno a tre anni e otto mesi, l’altro a tre anni e quattro. L’udienza si è svolta ieri pomeriggio davanti al giudice di Venezia Massimo Vicinanza, dopo che il pubblico ministero antimafia Giovanni Zorzi aveva chiesto il rinvio a giudizio dei quattro per associazione a delinquere finalizzata alla permanenza illegale in Italia di immigrati cinesi e corruzione.

C'erano i due amici cinesi che procuravano i clienti, il falso commercialista che forniva i documenti mancanti per ottenere i permessi e il poliziotto che aggiustava le pratiche e rilasciava i permessi di soggiorno al costo di 2-3 mila euro al mese. Un anno fa i quattro erano stati arrestati. L’indagine aveva preso le mosse dalla questura di Treviso, quando nel febbraio del 2013 una collega di Torresan, nel verificare una pratica, si accorge che il rilascio del permesso di soggiorno è avvenuto in modo irregolare. La dirigente responsabile dell'Ufficio Immigrazione Elisabetta Serrao decide di avviare le indagini che ben presto portano alla luce il ruolo di punto di riferimento del poliziotto per i due cinesi, mediatori per conto della comunità cinese della Marca, ma anche delle province vicine. Sarebbe stato Torresan ad aggiustare le pratiche, inserendo dati fasulli oppure impostandole come se fossero rinnovi temporanei- per i quali la documentazione è meno corposa - ma rilasciando permessi per lungo periodo. Qualora fosse necessario esibire contratti di lavoro, i due cinesi chiamavano Aceto, che attraverso la società «Dataconte» di Reggio Emilia provvedeva a fornire copie di contratti di lavoro fittizi. Residenza, rapporto di lavoro, conoscenza della lingua, certificato di stato famiglia e certificato di abitabilità: quando non c'erano i documenti necessari per un permesso di lungo periodo venivano fabbricati, o falsificati nella comunicazione al cervellone. Dal dicembre del 2012 al luglio del 2013 - quando è stato rimosso - Torresan avrebbe gestito 669 pratiche, tra queste 258 carte di soggiorno o permessi di lungo periodo di cui per almeno 150 è stata accertata l'irregolarità. Difficile dire quanto sia riuscito a incassare, di sicuro alcune centinaia di migliaia di euro visto che la quota più importante dei 3 mila euro erano incassati proprio da lui. Un'inchiesta portata avanti alla vecchia maniera, fatta di pedinamenti, intercettazioni e verifiche di una marea di una montagna di carte. L'ordinanza di custodia cautelare era stata notificata a Torresan mentre era al lavoro, e poi è stato accompagnato in carcere. Era accusato anche di abuso d'ufficio perché anche dopo il trasferimento d'ufficio, aveva continuato a fornire informazioni ai cinesi sui controlli ai laboratori cinesi, e ad interessarsi all'esito di alcune pratiche.

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