E' di Treviso il cittadino europeo dell’anno: è Antonio Calò

Treviso. Al professore che ospita i profughi a casa sua è giunta la lettera ufficiale della presidenza del Parlamento di Bruxelles

Cittadino europeo dell'anno è il prof Calò che ospita i migranti a casa sua

TREVISO. Quel giorno si era presentato in prefettura con il suo passo silenzioso e discreto. Aveva aspettato il suo turno in sala d’attesa con la testa piena di un progetto che in quel momento vedeva solo lui. «Mi hanno guardato esterrefatti», ha raccontato qualche settimana dopo, quando la proposta che era andato a portare è stata accolta.

Già, la sua proposta: «Se serve aiuto per l’accoglienza, sono disponibile a ospitare un gruppetto di migranti a casa mia, a Povegliano - ha detto quel giorno ai funzionari della prefettura che si stavano occupando dell’emergenza - Ho diverse stanze e la taverna libera. Mi posso attrezzare». Ora Antonio Silvio Calò, 57 anni, è stato nominato “Cittadino europeo dell’anno”. La lettera che glielo ha annunciato, a firma della vicepresidente del Parlamento europeo Sylvie Guillaume, gli è arrivata ieri.



Tre anni esatti sono passati: «Era proprio l’8 giugno 2015 - racconta il professor Calò, docente di storia e filosofia al liceo Canova di Treviso - quando in casa mia sono entrati i sei ospiti». «Portateveli a casa vostra, i profughi»: basta infilarsi in qualsiasi discussione sull’immigrazione e salta fuori sistematicamente chi punta così il dito contro i “buonisti” dell’integrazione. La prima volta che il professor Calò ci ha raccontato di aver aperto le porte di casa sua a sei richiedenti asilo, tre anni fa, non aveva voluto che scrivessimo il suo nome: «Non voglio che si dica che do lezioni di vita. Io voglio solo dare una mano», ci disse. Ora cambia tutto perché nulla è cambiato: «Suonino le trombe per questo premio, speriamo che svegli gli animi. Non lo dico per me ma per il segnale che abbiamo lanciato, qui, dall’Italia».

Già, dall’Italia e da Treviso. Sui social rimbalza il video dell’ennesimo discorso di Giancarlo Gentilini, in un improvvisato comizio per il candidato sindaco Mario Conte, contro «l’invasione nera»: parole che sanno di uno scantinato che non si riesce ad arieggiare. «L’accoglienza è un tema, è ora di capirlo - alza la voce Calò - Rimane, vale sempre, è universale. Sennò torniamo alla barbarie. C’è un venticello pericoloso, offensivo per le persone».

Il premio gli dà un vigore nuovo. «Sono emozionato e felice, non mi vergogno. Non ho mai sfruttato i giornali ma ora li sprono, diamo eco a questo premio che dice una cosa importante: l’Italia è anche questo, non solo quello che si è sentito in campagna elettorale. Ringrazio tutti, in primis mia moglie (Nicoletta, ndr) e i miei figli». Quattro figli grandi, ormai indipendenti e con un piede fuori casa: era stata questa una delle molle a spingere Calò ad aprire ai migranti. L’altra fu una tragedia: qualche giorno prima della sua visita in prefettura un barcone di profughi si era inabissato a sud del Canale di Sicilia. C’erano circa novecento persone a bordo. Se ne salvarono 28.

Il premio del “Cittadino europeo” è assegnato ogni anno a progetti e iniziative (fino a cinquanta) che «contribuiscono alla cooperazione europea e alla promozione di valori comuni». Calò andrà a ritirarlo a Bruxelles il 9 e 10 ottobre. Con chi? «Mi piacerebbe con mia moglie e uno dei sei ragazzi». Che sono gli stessi di tre anni fa, ma ora lavorano e tra poco saranno indipendenti. Spazio per ospitarne altri di nuovi? «Certo, magari anche italiani. L’aiuto non guarda il colore della pelle».
 

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