E' crollata l'antica chiesetta di San Martino a Onigo di Pederobba

Di epoca longobarda, da anni era abbandonata all’incuria tra la vegetazione. Da vento e pioggia il colpo di grazia. L’architetto Santalucia attacca il Comune

PEDEROBBA. Aveva resistito per decenni all’incuria e all’abbandono, ma lunedì è stato diverso. Sferzata dal vento e dalla pioggia, l’antica chiesetta di San Martino a Onigo si è arresa alle intemperie ed è crollata. La vista sulla collina è cambiata per sempre, ora al posto delle rovine dell’edificio millenario c’è solo un cumulo di sassi.

«Quanto accaduto è una perdita per l’immaginario del paese, si è trattato di un crollo accidentale ma colposo dal punto di vista culturale», denuncia l’architetto Danilo Santalucia, membro di minoranza della commissione urbanistica comunale.

La piccola pieve arroccata sull’altura era da tempo avvolta da sterpaglie, ma era comunque un simbolo inequivocabile della storia locale, insieme alla chiesa di Sant’Elena dove è sepolto il nobile Guglielmo di Onigo e la “Mura Bastia”. Luoghi e scorci attraversati dai vigneti che Giovanni Comisso ha tanto amato e descritto nei suoi romanzi.

La chiesetta di San Martino, in particolare, di epoca longobarda, era luogo di culto del santo protettore delle messi, particolarmente sentito dai contadini e venerato nei secoli l’11 novembre. Restano scritte negli annali le processioni, i pellegrinaggi e le offerte al santo per la fertilità della terra. «Il manufatto era di proprietà privata ma l’amministrazione comunale non ha mai dimostrato interesse, che non vuol dire solo avere i soldi per restaurare ma fare una schedatura del sito e delle iniziative conoscitive per i cittadini», prosegue l’architetto Santalucia, «per difendere una cosa bisogna darle valore, altrimenti tutto cade nell’oblio».

Proprio questo è stato il destino della chiesetta di San Martino, della quale restano solo macerie. Ma non tutto potrebbe essere perduto per sempre. L’architetto Santalucia ragiona sul da farsi e prova a immaginare un nuovo futuro per il sito: «La pieve insiste in un triangolo archeologico degno di nota, perché costituisce la matrice storica del paese. Onigo non esisterebbe senza San Martino, l’eremo di Sant’Elena e la Mura Bastia, occorre ragionare sul recupero integrale dell’area, per preservare quei segni e quei simboli che rappresentano le origini della comunità». 
 

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