Dramma di Refrontolo. Le voci di quella notte. Il vento, l’acqua, le urla

La drammatica ricostruzione della tragica serata nella testimonianza di chi c’era «Dopo il crollo del tendone scese in tutta la valle uno spaventoso silenzio». Lo speciale in edicola con "La tribuna"
Gli istanti prima della tragedia
Gli istanti prima della tragedia

REFRONTOLO. C'è un momento, uno preciso, in cui tutti capiscono di avere paura. E che non è (più) una serata come le altre, un temporale come gli altri. Gli “Omi” sono in piedi sulle panche, il Lierza ha già iniziato a invadere il tendone. Parlano, si chiedono cosa fare, nel video ripreso da qualcuno con lo smartphone si sente una voce dire: «Qua duriamo ancora per poco, se continua a crescere così». E poi, quel suono. Un fragore di stoviglie che cadono. Si girano tutti all’improvviso, nello stesso momento, e ammutoliscono di colpo. Hanno capito che la spinta dell’acqua inizia a fare sul serio, che le cucine rischiano di essere spazzate via, che o ci si mette in salvo o si farà la stessa fine. In primo piano, nel video che ha fatto il giro di tutti i telefonini, c’è un uomo con la polo bianca e le mani in tasca, immobile. Guarda verso l’angolo da cui proviene il rumore, e resta con gli occhi fissi sulla scena. È paralizzato dalla paura, non sa cosa fare, come tutti gli altri.

Refrontolo: i cori prima della tragedia

Sono le ultime immagini di Luciano Stella, che cinque, forse dieci minuti dopo sarà trascinato via dall’acqua, via da sua moglie e dai suoi figli, per sempre. Le stoviglie che cadono di colpo sotto la spinta dell’acqua è solo il primo dei rumori della tragedia. Chi c’era quella notte li sente ancora nelle orecchie, un anno dopo. I pali d’acciaio del tendone che si piegano e stritolano tavoli e panche. La furia della cascata, impetuosa, là fuori. Le grida di aiuto. E poi le sirene, tante, senza sosta, fino al mattino. Quando l’acqua porta via la luce, quando si è in balia del torrente, quando le forze per aggrapparsi a tutto quello che si trova mancano, resta solo l’udito.

Gianantonio Spinelli, in una delle tante, assurde coincidenze della tragedia del Molinetto, quella notte l’udito lo ha perso dall’orecchio sinistro. Per sempre. Troppa acqua, troppo cortisone per curare le ferite, difese immunitarie indebolite e un virus spietato: ora ci sente solo dal destro. I rumori di quella notte, però, se li ricorda benissimo. Il frastuono della cascata del Molinetto, un centinaio di metri più in là: «In tanti mi dicono di averlo sentito. Quelli che sono usciti dal tendone, mi hanno raccontato di aver percepito subito il fragore dell’acqua».

Video choc: il fiume d'acqua travolge la festa

Quell’acqua che entra nel tendone, picchia forte e butta giù tutto quello che incontra: «Ho sentito il tendone che si aggrovigliava su se stesso e si compattava, come una pressa. Un compattatore che stritola e preme. Si attorcigliavano assieme il legno delle panche e dei tavoli, e l’acciaio della struttura di sostegno, una pressa gigantesca e un rumore sinistro che non dimenticherò mai. Noi abbiamo iniziato a ruotare assieme al palco e alle cucine, e traslare verso il letto del fiume, trascinati dalla corrente».

Bomba d'acqua a Refrontolo, "Oltre venti i mezzi intervenuti"

Spinelli è in mezzo all’acqua cinquecento metri più a valle del tendone, quando miracolosamente si aggrappa con tutte le forze a un’acacia. Avvinghiato alla pianta, con l’acqua che gli divarica le gambe e lui che lotta per resistere con le braccia, sente solo un rumore: «L’acqua, tantissima acqua. Come un televisore analogico con “l’effetto neve”, amplificato al massimo. Un ronzio gigantesco di acqua, a quel punto non sentivo nient’altro».
Sono istanti di panico. Gli “Omi” iniziano a chiedere aiuto. Maurizio Lot, una delle vittime, secondo diversi testimoni avrebbe urlato «Aiutatemi». Poi, il silenzio di tomba.

Bomba d'acqua a Refrontolo, il vigile del fuoco: " A lavoro i sommozzatori"

Dura poco, qualche istante, ed è l’anticamera della seconda parte della nottata, quella in cui il boato del Lierza è sovrastato dalle sirene di ambulanze e vigili del fuoco, quelle che svegliano Refrontolo e fanno capire subito che “dentro al Molinetto”, come si dice qui, è successo qualcosa di grave.

Alcuni di quei suoni sono rimasti. Sono le telefonate degli “Omi” al 118. «Buonasera, siamo una compagnia e siamo bloccati al Molinetto della Croda. Abbiamo un ferito grave» è il testo della prima chiamata di emergenza.
Stanno arrivando tutti i mezzi di soccorso, diranno poco dopo gli operatori del 118. Si sente un ragazzo chiedere: «Siete tutti e novanta?», e uno dei sopravvissuti rispondere, con il cuore in gola, «No, ne mancano molti, sono ancora al di là del fiume». Solo l’alba, cianotica e irreale, restituirà la situazione esatta. E niente fu più come prima.
 

Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso