Donna aggredita, per Genty «solo una palpatina». Ma il marito di lei lo smentisce

Ha un volto l'aggressore della 38enne di San Zeno fuggito verso la stazione dei treni lunedì sera, tra le urla della sua vittima. I carabinieri, dopo aver riascoltato la donna, sono riusciti a tracciare un primo identikit dell'aggressore. Non è preciso, ma è quanto basta per dare l'idea dei tratti somatici e della provenienza dell'uomo che è ricercato sia nel Trevigiano che nel Veneziano.
Intanto sul caso ha esternato il vicesindaco di Treviso Giancarlo Gentilini che minimizza drasticamente l’accaduto puntando il dito contro «chi alimenta la tensione» (cittadini compresi?) e lanciandosi in una impietosa lettura dei fatti: «Quello che è successo a San Zeno –dice – è stata solo una comune palpata di culo (letterale, ndr) da parte di un ragazzino a una donna. Non c’è allarme sicurezza. Non tollero simili asserzioni. Treviso è la città più sicura d’Italia». Una posizione che ha fatto sobbalzare molti trevigiani, uomini, ma soprattutto donne.
Per i carabinieri che indagano, invece, il caso è tutt’altro che banale. Hanno diramato l'immagine dell’identikit e stanno battendo a tappeto anche la stretta rete di vie vicino al luogo dell'aggressione. Due le piste, ad oggi: quella che porta verso la stazione dei treni di Treviso, dove l'uomo potrebbe essere andato nel tentativo di salire su un treno o raggiungere un bus; e quella del quartiere, dove l'aggressore potrebbe addirittura risiedere. Di fatto, comunque, a detta dei carabinieri si tratterebbe di uno sbandato, non di un criminale incallito.
Ieri mattina, a quasi 48 ore dall'accaduto, in caserma sono iniziati i confronti con alcuni residenti di via San Zeno e via De Lisa. E’ lì, in quel piccolo incrocio di strade illuminato dai lampioni, che si sarebbe consumata l’aggressione alla donna che stava rincasando ed era a due passi dal portone dell’abitazione.
I carabinieri hanno cercato di avere qualche informazione in più su quanto sentito o visto alle 20.30 di lunedì scorso, quando più d’un residente ha sentito grida tanto forti da «oltrepassare le finestre chiuse e la televisione». E per questo dal comando di via Cornarotta si invita «chiunque abbia visto qualcosa di utile alle indagini a farsi avanti». L’identikit è già un buon punto di partenza, ma potrebbe non bastare. La descrizione fisica ad oggi non cambia: era piccolo, minuto, vestito con giacca con cappuccio e scarpe da ginnastica chiare.
Nel quartiere, intanto, la rabbia non è passata, anzi. L’aggressione ha risvegliato la paura e il senso di insicurezza di chi ha vissuto i furti, lo stupro, i vandalismi.
«Vogliamo un controllo più puntuale e presente - ripetono in coro i residenti - non le operazioni spot. Qui siamo una zona di passaggio a tutte le ore del giorno, vicina a ambiti delicati come la stazione. Vorremmo veder passare più spesso le auto di carabinieri, polizia, vigili».
E poi non ci sono telecamere. Quelle attive sono solo nei dintorni della stazione o della chiesa di San Zeno, dove il parroco (anni or sono) è stato costretto a installare gli occhi elettronici per proteggere le elemosine e la chiesa.
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