Diventa docente di ruolo a 62 anni: fra 5 in pensione

Il posto fisso a scuola in arrivo a 62 anni compiuti. È uno dei tanti miracoli all’italiana che oggi fa la sua apparizione nella vita professionale di una docente trevigiana di Tedesco. A settembre la professoressa Livia Pancani, classe 1953, in cattedra ormai da più di trent’anni, potrà finalmente stringere tra le mani il suo primo contratto di lavoro a tempo indeterminato. Un pezzo di carta sudato, nel complesso mondo della pubblica istruzione. Dal 2013 la docente trevigiana si è ritrovata al primo posto in graduatoria. E passo dopo passo, sulla strada della vecchia normativa fino a ieri in vigore, quest’anno la cattedra di ruolo ha all’improvviso bussato alla sua porta. Sarebbero bastati altri cinque anni e il momento dell’assunzione sarebbe riuscito, per ironia della sorte, a stringere la mano all’arrivo della pensione.
Professoressa, si dice che la pazienza sia la virtù dei forti, sente di aver avuto più pazienza o tenacia?
«“Sarei potuta rimanere per sempre fino al momento della pensione, a 67 anni, nel limbo delle graduatorie. Che vuol dire mettersi in gioco ogni anno in una nuova scuola. Cambiando sempre posto di lavoro. E attendere ogni settembre l’arrivo di un contratto a tempo determinato. E invece quest’anno mi si è presentata la disponibilità di un unico posto di ruolo nella mia classe di concorso per la provincia di Treviso. Ho già deciso che per questo andrò ad accendere un cero a Sant’Antonio».
Quando ha deciso di entrare in classe la prima volta?
«Dopo la laurea, per la verità, non ho pensato subito all’insegnamento. Ho lavorato diversi anni in un’azienda occupandomi di commercio estero. Soltanto più tardi ho deciso di voltare pagina e iniziare a insegnare. Coprendo all’inizio qualche supplenza. Poi ho insegnato per vent’anni in una scuola paritaria a Conegliano, il liceo Maria Assunta. Nel 2000 partecipo al concorso e ottengo l’abilitazione all’insegnamento. Nel frattempo continuo ad insegnare al liceo linguistico dell’istituto paritario. Nel 2005 il liceo linguistico dell’istituto chiude. E a questo punto inizio a insegnare nella scuola statale. Sono arrivata fin qui dopo vent’anni di precariato. Sono stata fortunata di aver potuto contare su un buon punteggio avuto al concorso. E di aver avuto anni di insegnamento alle spalle nella scuola paritaria».
Ha già idea di dove andrà ora ad insegnare?
«La cattedra di ruolo di tedesco dovrebbe essere disponibile in un istituto di Castelfranco. L’ultima cattedra che ho avuto quest’anno è stata all’Isis Verdi di Valdobbiadene».
Una sola cattedra certa, per lei, in arrivo fuori porta. E tutti gli altri colleghi, dopo di lei in graduatoria, pronti a mettersi invece in gioco da Nord a Sud, per la procedura nazionale delle assunzioni annunciata dalla legge la Buona Scuola. Anche il posto vicino a casa è un piccolo miracolo?
«Non so proprio come potrà funzionare questo nuovo ordinamento. Ad essere messi di fronte ad una situazione paradossale è proprio una generazione di insegnanti quarantenni e cinquantenni che lavorano per la scuola da tantissimi anni. Di punto in bianco vengono messi di fronte a un bivio. Il piano delle assunzioni dice chiaramente: “O vai a insegnare nella città che ti dico io, dove puoi trovare il posto di lavoro di ruolo, oppure se non accetti sei fuori dalla graduatoria”. In gioco ci sono padri e madri di famiglia. Qualcuno anche con figli ancora piccoli. Insegnanti che alla scuola hanno dedicato tutto e che forse si sono anche fatti la gavetta più di me. Non certo docenti ventenni disposti a prendere la valigia e andare ovunque. Ora tutti sono costretti a entrare in questo giro di assunzioni che sembra esser diventato una roulette. Senza sapere se potranno avere una cattedra qui, o chissà dove, in giro per l’Italia».
Un piano di assunzioni per la scuola da bocciare?
«Queste assunzioni annunciate dalla legge sulla Buona scuola sembra proprio che siano piovute dall’alto senza avere la minima idea di quella che è la realtà del lavoro degli insegnanti».
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