Davì tira in ballo Bim Piave «L’esposto non mi preoccupa»

VALDOBBIADENE. E l’ex sindaco Pietro Giorgio Davì, in un’intervista, spiega la sua posizione al riguardo.
Cosa vi portò a scegliere i derivati?
«Una trasformazione epocale. Dal 2005 non era più possibile rinegoziare i mutui con la Cassa Depositi e Prestiti ma diventava obbligatorio trattare direttamente con le banche. Una difficoltà in più e maggiori spese per i Comuni. Fu così che il Bim Piave si mise a disposizione delle amministrazioni socie (noi, Pieve di Soligo e Cison di Valmarino, ad esempio). Agì per nostro conto. È questo il motivo per cui non risulta gara d’appalto per Banca Intesa; si arrangiò il Bim».
Quindi l’amministrazione comunale ebbe un atteggiamento passivo?
«Non proprio. La giunta si affidò al Bim ma pose una condizione: nessuna operazione speculativa, come invece fece Vittorio Veneto, mettendosi in grossi guai. I nostri swap dovevano avere (ed ebbero) tasso fisso per 15 anni».
Cosa ha provocato, allora, queste due maxi-rate?
«Ci tengo a dire che non si tratta di una tegola né di un fulmine a ciel sereno. Sapevo perfettamente che le ultime due rate sarebbero state pesanti. Decisi infatti che le prime fossero particolarmente leggere, per permettere al Comune di portare a compimento alcune opere pubbliche (fra l’altro già in corso)».
Secondo, lei, quindi, non c’è stato danno erariale?
«Nel modo più assoluto. Gli interessi non sono lievitati, essendo gli stessi di 15 anni fa. Di più: tutti i bilanci successivi al 2005 sono passati sotto la lente della Corte dei Conti, che non ha mai avuto nulla da eccepire».
È preoccupato per l’esposto alla Corte dei Conti annunciato dalla giunta?
«No».
Se potesse tornare sui suoi passi, lei farebbe scelte diverse rispetto a quelle del passato?
«Il ricorso ai derivati era un’opportunità. Il Bim, una garanzia. Io mi sono trovato nella condizione di dover rinegoziare dei mutui, ereditati dal gruppo “Uniti per Valdobbiadene”».(a.r.)
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