Da Villa Maser a Shakespeare nell’indagine di Martino Zanetti

Imprenditore di successo, ma anche pittore, “aspirante” pianista e studioso. È in questa vita fatta di sfaccettature colorate che possiamo trovare la forza motrice che guida Martino Zanetti, oltre il profumo del caffè della sua Hausbrandt, nel meraviglioso mondo della ricerca storica, dell’arte, della cultura. E chissà, forse è proprio dai geni che potrebbe derivare questo impulso appassionato che guida lui, “dilettante” (come lui stesso si è definito) alla scoperta del “movimento scenico” in Villa Maser e al suo collegamento con il mondo shakespeariano. Il padre Virginio è stato infatti attore e mercante di Venezia, come «la persona che viene descritta nelle commedie di Shakespeare». E il filo che unisce l’architettura di Villa Barbaro nel trevigiano al lavoro del drammaturgo e poeta inglese è affascinante. «Nella Villa di Maser, sul primo ho rilevato gli affreschi che raffigurano esattamente le scene delle commedie, particolarmente del Mercante (di Venezia) - commenta Zanetti - l’autore della Villa è Daniele Barbaro, architetto, maestro di architettura di Palladio, maestro di pittura di Paolo Veronese il quale ha voluto, insieme a questi altri due geni, fissare in un manufatto, in una Villa, il suo concetto della comunicazione artistica, della scena». Era stato Vitruvio a concettualizzare il movimento scenico, ma è Barbaro, tramite l’elemento auditivo, a porre nella Villa anche l’elemento motorio: l’attore. Zanetti, autore di un’approfondita riflessione, ritrova anche un’immagine in cui si scansiona una circonferenza teatrale con esattamente le misure dei Madrigali di Monteverdi. «Come nei versi delle commedie shakespeariane, quelle ludiche o veneziane, si sente il ritmo della musica di Monteverdi che era preponderante all'epoca e imitatissimo in Inghilterra, così per la dimostrazione del Movimento Scenico, che è il momento nel quale lo spettatore percepisce visivamente e auditivamente un insieme», sostiene Zanetti. Ed è qui una delle intuizioni di Daniele Barbaro, la transitività dell’arte: «La somma del fatto auditivo e visivo porta lo spettatore a compiere l’opera d’arte, perché l’opera d’arte, né quella pittorica, né quella teatrale si compie di per se stessa, necessità dell’elemento finale che è lo spettatore». «La Prospettiva del Barbaro che riproduce il maestro Serlio: c’è un elemento diverso, c’è l’elemento pubblico, distanza tra il pubblico e l’attore, evidentemente il Barbaro ha compreso il meccanismo della trasmissione del Movimento Scenico che non è assolutamente stato compreso da Inigo Jones e non si riscontra in nessun testo inglese anche recente di critica o storia teatrale», aggiunge Zanetti. L’imprenditore-studioso va oltre, superando Barbaro, e teorizza che «l’elemento spettatore, la sua distanza con l’attore e la distanza dell’attore rispetto alla scena, il muoversi dell’attore nella scena coniugantesi con le architetture retrostanti nell’occhio dello spettatore realizza un algoritmo ed è quello il momento in cui l’opera d’arte si manifesta». —
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