Da Treviso ai Canadair: «I miei voli al limite tra fumo e fiamme»

Diego Gentile, 58enne di Silea, da un decennio pilota: «Che dolore gli incendi

provocati dall’uomo»

Diego Gentile
Diego Gentile

C’è un trevigiano che, alla guida dei Canadair, combatte le fiamme che stanno mettendo in ginocchio il Sud Italia. Diego Gentile, 58enne di Silea, da un decennio pilota aerei anti-incendio, ogni estate è chiamato a operare in condizioni al limite per estinguere i roghi. In tutta Italia ci sono 18 Canadair, gli aerei anfibi utilizzati nell’area del Mediterraneo per spegnere gli incendi attingendo dalle ampie fonti d’acqua, e Gentile in questo periodo è chiamato più volte a prendere il volo: «Come in tutti gli anni, soprattutto nel Sud Italia, l’attività è molto intensa - esordisce il pilota di Silea - C’è stato un picco con una serie di giorni e di eventi continui che ci hanno portati a un numero di interventi più alto del solito in poco tempo».

Come ha iniziato?

«Da 20 anni sono nei servizi aeronautici diversi dalla linea, da 10 anni faccio questa attività. Sono venuto a contatto con questo mondo prima del 2000, un collega e io siamo stati contattati per un eventuale impiego. Lui ha aderito subito all’offerta, io ho deciso di cambiare qualche tempo dopo. Lavoravo nell’aereofotogrammetria: pilotavo aeromobili con a bordo equipaggiamenti fotografici, tramite i rilievi aerei facevamo delle foto che sono alla base della cartografia che usiamo tutti i giorni sul web, nelle mappe stradali e nelle carte tecniche regionali».

Come si svolge il vostro lavoro?

«Nella base di Trapani ci sono due velivoli che con i tre di Lamezia servono il Sud, in questo periodo abbiamo raddoppiato a 4. Abbiamo due turni di equipaggi giornalieri, uno alla mattina dalle 5 alle 14 e l’altro nel pomeriggio. Nelle basi militari abbiamo degli uffici, attendiamo la scheda di turno e il Centro Operativo Aereo Unificato (Coau) ci manda la disposizione di impiego, dalle coordinate al nominativo del forestale a terra che coordina le operazioni. Abbiamo 30 minuti per decollare, il velivolo è già fornito di agente agglomerante e carburante».

Una volta arrivati sul posto?

«Facciamo una ricognizione, contattiamo il direttore operazioni spegnimento (Dos) e gli aerei che ci sono in zona. Ci dirigiamo nella sorgente idrica più vicina, un lago o il mare, riempiamo i Canadair che hanno una capacità di 6.200 litri, torniamo sul target e facciamo pendolamenti tra fonte idrica e incendio per sopprimerlo o almeno contenerlo. Il tutto con un singolo velivolo o anche con altri, e non solo Canadair: gli elicotteri hanno una capacità dai 500 agli 800 litri, vengono usati per lo più quando ci sono focolai sparsi o dove si fa fatica ad arrivare con un Canadair».

Qual è stato l’intervento più difficile che ha affrontato?

«È stato nello scorso anno in Calabria. Ci sono stati un paio di giorni in cui c’erano incendi di notevole vastità. Durante le operazioni c’erano parecchie turbolenze, temperature alte, nessun lago e solo il mare come fonte d’acqua. C’erano condizioni al limite, sono stati i tre giorni più impegnativi. In generale, dobbiamo essere precisi anche se lavoriamo con scarsa visibilità perché siamo in mezzo al fumo, bisogna stare attenti agli ostacoli come i cavi e durante le operazioni c’è molto traffico per gestire l’incendio».

Com’è lavorare ogni giorno in condizioni al limite?

«Fare questa attività dà soddisfazioni perché si fa qualcosa di utile per il pianeta, ma c’è anche la tristezza di vedere come la mano dell’uomo interviene sulla distruzione di esso. L’autocombustione è lo 0,1% dei casi, la quasi totalità degli incendi è causata in modo colposo o deliberato. Ho visto consumarsi foreste immense, come quella di Piazza Armerina che dall’alto ho visto consumarsi. In 10 anni l’intervento umano è stabile, non c’è una lotta a questo crimine, non si riesce a fare. Le varie modifiche del corpo forestale dello Stato, prima abolito e poi accorpato ai carabinieri, hanno ridotto le risorse pubbliche. È preoccupante perché non ci sono azioni costanti e di controllo di repressione». —

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