Crisi alla Tintoria Martelli, la regina dei jeans

Cento lavoratori ad orario ridotto nel maxi stabilimento. Le grandi marche preferiscono affidare i lavori all'estero
Tinoria Martelli
Tinoria Martelli

Si ricorre alla solidarietà per evitare gli esuberi alla tintoria Martelli Lavorazioni Tessili Spa di Vedelago. Il centinaio di lavoratori dello storico stabilimento ridurranno il loro orario di lavoro, ricorrendo all’ammortizzatore sociale: solo in questo modo, almeno per i prossimi mesi, si potrà scansare l’ipotesi esuberi, 38 quelli sul piatto. Una situazione che scivola sul filo del rasoio. L’azienda, che fa parte del Gruppo Martelli (leader nel mercato dalla prima metà degli anni Sessanta, con 8 stabilimenti, 4 in Italia 4 all’estero per 3 mila dipendenti), sarebbe in crisi di liquidità e a breve costretta a rinegoziare le condizioni per accedere al credito bancario. «È necessario attivare un tavolo di concertazione almeno provinciale per imporre regole certe nel mercato, eliminare irregolarità e concorrenza sleale», spiega Gianni Boato, della Femca Cisl Belluno-Treviso.

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La concorrenza sleale non è certo la sola causa che ha portato la Martelli a questo punto: fino a qualche tempo fa tra i suoi clienti c’erano tutti i maggiori stilisti italiani e le più grandi case di jeans al mondo, da Levi Strauss a Wrangler, da Replay a Diesel. Tutti in fila per poter lavorare con la tintoria di Luigi Martelli, il mago che tinge e invecchia i vestiti, in particolare i jeans. Punto di riferimento in questo campo dell’industria tessile da mezzo secolo. Alla concorrenza sleale in questi anni s’è aggiunta la crisi dei consumi che le grandi case di moda hanno pensato di aggirare scegliendo di lavorare i propri prodotti all’estero, dove una manodopera a basso costo poteva garantire una sufficiente marginalità a fronte di un calo delle vendite.

Tutto questo ha costretto negli anni la tintoria di Vedelago a tamponare il calo dei lavorati attraverso il ricorso agli ammortizzatori sociali: prima la cassa ordinaria, nel novembre del 2013 quella straordinaria per 12 mesi. Il personale passato da 180 dipendenti di tre anni fa, ai 133 dell’anno scorso. Poi una trentina di loro ha usufruito della mobilità volontaria. Ma non è bastato: nel 2014 lo stabilimento di Vedelago ha dovuto fare i conti con una riduzione dei consumi lavorati tra il 40 e il 50% rispetto allo stesso periodo del 2013 con una riduzione del fatturato 2014 di oltre il 30%. In assenza di prospettive di ripresa a breve termine azienda e Uiltec Uil Belluno-Treviso e Femca Cisl Belluno-Treviso hanno deciso di sfruttare i contratti di solidarietà per evitare 38 esuberi. «Questa azienda ce la farà: ha le competenze e il know how per resistere. Grazie agli accordi nessun lavoratore ha subìto il licenziamento», spiega Gianni Boato, Femca Cisl, «Ora dobbiamo lavorare sugli aspetti negativi».

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