«Colpita alle spalle» Irina, una trappola

CONEGLIANO. Irina Bacal è stata presa alle spalle e tramortita prima di essere soffocata. È questo uno degli elementi che induce gli investigatori della questura a pensare che la ventenne di origini moldave, uccisa dall’ex fidanzato Mihail Savciuc, 19 anni, sia caduta in un agguato nel boschetto di via Manzana a Formeniga e che quella del delitto d’impeto sia solo una versione di comodo. Sul corpo della vittima non ci sono, in apparenza, segni di difesa anche se sarà l’autopsia, fissata per il primo pomeriggio di oggi, a fornire le prime verità e a fissare i punti fermi dell’inchiesta.
Il pubblico ministero Mara De Donà ha sottoposto all’anatomopatologo Alberto Furlanetto, ieri mattina, all’atto del conferimento dell’incarico, una serie di quesiti dai quali traspare anche l’ipotesi che il delitto possa essere stato compiuto altrove e che il corpo sia stato scaricato sul luogo del ritrovamento del cadavere.
Il medico legale, che sarà affiancato anche dai consulenti di parte, dovrà rispondere a domande che serviranno per confermare alcune ipotesi o per escluderne altre. I punti fondamentali dell’autopsia saranno l’ora e il giorno della morte, le cause e le modalità del decesso, l’arma usata, il numero dei colpi inferti, se sul cadavere vi siano segni di colluttazione e tentativi di difesa, se la morte sia avvenuta nel luogo del ritrovamento del cadavere e se vi siano segni di trascinamento del corpo.
Com’è noto, Savciuc, al termine di un lungo interrogatorio, ha fornito una versione dei fatti che non convince affatto gli investigatori, che ora hanno imboccato la via del delitto premeditato. A sollevare perplessità è il luogo scelto da Savciuc per parlare con l’ex fidanzata della gravidanza e del figlio che lui non voleva. L’autopsia dovrà infatti determinare a quante settimane di gestazione fosse la giovane moldava e, attraverso l’esame del Dna, se Savciuc fosse il padre. Perché scegliere un luogo così appartato per parlare, seppur di un argomento così delicato?
Anche l’arma usata rappresenta un punto interrogativo per gli investigatori. Savciuc ha, infatti, detto di aver perso all’improvviso la testa quando ha saputo che la sua ex era ancora incinta e di averla tramortita con una pietra, prima di soffocarla. La pietra, usata per stordire Irina con un colpo alla testa, è stata, a dire di Savciuc, caricata nella sua Renault Clio, e poi gettata, ancora sporca del sangue della giovane, nel Monticano. Una versione con molti lati oscuri. Un racconto che non ha convinto per nulla gli investigatori della squadra mobile di Treviso, coordinati dal commissario Claudio Di Paola, e dagli uomini del Commissariato di Conegliano.
Il legale della famiglia di Irina, l’avvocato Andrea Piccoli, sottolinea la disperazione della madre e dei familiari di Irina: «Sono tutti disperati - spiega il legale del foro di Treviso - e sperano di avere al più presto a disposizione il corpo della ragazza per portarlo in Moldavia dove verrà tumulato. Sono sicuramente dei momenti terribili, quelli che stanno vivendo i familiari di Irina ed in particolare la mamma che non sanno darsi pace di una morte così violenta ed assurda e del comportamento del giovane Savciuc che ha negato di sapere qualcosa quando erano in corso le ricerche della figlia scomparsa. Noi attendiamo gli sviluppi delle indagini della procura della Repubblica e della polizia».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso