Chiude il Caliban: «Colpa delle banche»

Era un sogno fatto di cultura, design e arte. Ora è diventato un incubo, per colpa delle banche e di una città che muore. Il 31 marzo i titolari del Caliban abbasseranno le serrande della loro attività, qualcosa in più di un negozio, qualcosa a metà tra galleria d’arte e centro culturale. «Non si può pensare che i commercianti vivano solo il sabato pomeriggio», è lo sfogo di Simone Battig uno dei soci che, insieme a Francesco Battig e Sabina Ballerini, due anni e mezzo fa ha aperto il Caliban, via Castelmenardo, in centro storico. Le premesse erano delle migliori. L’attività avrebbe dovuto essere un punto di incontro tra diverse esperienze; mostre, commercio, ma anche conferenze e musica. «Ho investito i miei soldi per aprire il Caliban, e ora veramente non so come ne uscirò», ammette Battig, «A darci il colpo di grazia è stata la banca. Avevamo un fido di 5mila euro che utilizzavamo per pagare le spese. Su di esso pagavamo interessi di 230 euro ogni trimestre. Dall’oggi al domani la banca lo ha trasformato in un finanziamento, che significa dover pagare ogni mese una rata di 268 euro». Una vera mazzata su un’attività che già pagava le conseguenza dei colpi inferti dalla crisi e dalla desertificazione del centro storico. «Degli 81 mila residenti in comune, solo 6.900 vivono in città. La gente sta scappando. Se chi amministra questa città non si preoccupa di riportarci i residenti c’è poco da fare. Lo dicono ormai tutti i commercianti. Io credo che siamo ancora in tempo per salvarla, ma è ora di fare qualcosa», prosegue Battig. Il Caliban era diventato anche la sede dell’associazione Siamo Treviso, e Battig ha annunciato che continuerà, seppur senza negozio, a lavorare per cambiare la città, con altri commercianti e associazioni. Tra le cause che hanno portato al fallimento del progetto ne cita ancora una. «Ho calcolato che se il 5% dei trevigiani avesse speso qui dentro 10 euro all’anno, noi avremmo avuto un fatturato di 40 mila euro. Il doppio di quello attuale e saremo riusciti a restare aperti», conclude con amarezza Battig. «Avevamo più clienti da Milano e da fuori provincia che da Treviso. Non vendiamo mutande, è certo, ma loro resteranno aperti, noi no». Da ieri è iniziata la svendita totale, con sconti dal 20 al 70%. Ci sono libri restaurati, oggetti di design, quadri, e una scrivania che è un pezzo di storia.
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