Caso Nicoli, sfuma il risarcimento

Condannata per truffa ai danni della Provincia: doveva ridare 276 mila euro ma i soldi non si trovano
TREVISO 13/05/06 INAUGURAZIONE SEDE S.P.H.e R.A., IN FOTO LA PRESIDENTE inaugurazione sede s.p.h.r.a.
TREVISO 13/05/06 INAUGURAZIONE SEDE S.P.H.e R.A., IN FOTO LA PRESIDENTE inaugurazione sede s.p.h.r.a.

Lo scandalo dei falsi rimborsi per l’assistenza ai disabili presentati alla Provincia di Treviso dalle due società guidate da Paola Nicoli si chiuse quasi quattro anni fa, quando il tribunale accolse la richiesta di patteggiamento presentata dalla donna che venne condannata a due anni, senza sospensione condizionale della pena, per aver incassato soldi pubblici senza aver effettuato con le sue società le prestazioni a sostegno dei non vendenti per cui si era proposta.

Fu uno scandalo pesantissimo per la Provincia, che vide chiamata in causa anche l’ex funzionaria del sociale Antonella Masullo (poi condannata a un anno per favoreggiamento) in quanto responsabile della gestione delle richieste di rimborso per i disabili, tra cui quelle (fasulle) presentate da Amidevi e Sphera, le società che facevano capo alla Masullo.

Ma le ripercussioni della truffa sono pesanti tutt’ora visto che la Provincia oggi si scopre “becca e bastonata”, per usare un detto popolare. Dopo la condanna penale, il tribunale diede ragione alla richiesta di risarcimento presentata dalla Provincia che voleva tornare in possesso di tutti i soldi versati alla Nicoli per pagare i servizi che questa però non eseguiva. Il Sant’Artemio chiese 300 mila euro, ma il conto venne ritoccato fissando il risarcimento a 276.347 euro.

Il tribunale fu inflessibile e dispose di tramutare il sequestro conservativo dei beni congelati alla Nicoli allo scoppio dell’inchiesta in un pignoramento. Era il dicembre 2015. La Provincia esultò, ma l’entusiasmo è durato poco. Come da copione di tantissime indagini legate a fatturazioni fasulle, soldi incassati illecitamente, pagamenti dirottati, alla fine il tesoro non c’era più. Gli oltre 200 mila euro incassati illecitamente dalla Provincia spariti. Dove? «E chi lo sa», allargano le braccia oggi dal Sant’Artemio. In quasi un anno e mezzo di rastrellamento, dei 276.347 euro che dovevano essere incassati dalla Provincia sono stati trovati solo 7.564 euro. Ovvero il 2,7% di tutti i soldi pubblici – vale la pena ricordarlo – che la Nicoli era tenuta a restituire. Briciole, inezie, chiamatele come volete. Ma tanto è stato trovato dando fondo ai due conti correnti di cui la Nicoli era diretta responsabile tramite le due società Amidevi e Sphera. Uno era stato aperto in Banca Etica, e al momento del sequestro contava su un deposito di soli 826 euro; l’altro era stato aperto in Unicredit, e quando è scattata l’indagine aveva un deposito di soli 6.783 euro. Che fine hanno fatto i fasti e gli incassi della «realtà d’avanguardia nel Veneto, conosciuta e apprezzata anche a livello internazionale»? Così la definì nel 2010 l’assessore alle politiche sociali del Veneto, il forzista Remo Sernagiotto, durante una visita ufficiale alla struttura da molti indicata come “vicina all’ambiente politico azzurro”. Quattro mesi dopo queste parole scoppiava lo scandalo e la corsa a smarcarsi da Amidevi e Sphera. Oggi quel che resta è il danno, che paga il pubblico, per la precisione poco meno di 270 mila euro. Anche se dal Sant’Artemio non vogliono mollare. Ma a nome Nicoli, Sphera, Amidevi, non c’è altro se non qualche mobile d’arredo degli uffici.

Federico de Wolanski

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