Cappella Maggiore, sette anni per la rapina a Veneto Banca

CAPPELLA MAGGIORE. Era il 25 marzo 2013 quando quattro uomini a volto coperto assaltarono l’allora filiale di Veneto Banca a Cappella Maggiore. Un blitz durato dieci minuti in una banca con tre dipendenti che si trovavano all’interno. Per quel colpo mancava all’appello dei giudici soltanto Gioami Almenari (difeso dall’avvocato Daniele Toffanin) che ieri, a fronte di una richiesta del pubblico ministero di condanna a 10 anni di reclusione, i giudici ne hanno inflitti 7. Di quel commando facevano parte anche i tre componenti che, il 30 gennaio 2014, misero a segno un colpo da 300 mila euro all’oreficeria Michieletto di Motta di Livenza, con i proprietari legati mani e piedi.
Erano le 10.15 del 25 marzo di quattro anni fa quando i banditi fecero irruzione nella filiale di Veneto Banca di via Fiume. Per primo entrò un uomo con la parrucca in testa. Prese in ostaggio il cassiere e sotto la minaccia di un taglierino gli intimò di aprire la bussola, facendo così entrare gli altri tre complici, tutti con il passamontagna. Il commando, con atteggiamento deciso, si fece consegnare tutto il contante che c'era in cassa. «Dacci i soldi», dissero in italiano con accento veneto. Il cassiere tirò fuori circa 500 euro.
Non contenti, i banditi pretesero l'apertura della cassaforte a tempo. Ma proprio in quell'attimo entrarono due clienti, una ragazza e un uomo. Furono istanti di autentico terrore. «Siamo stati trattenuti dai banditi», riferirono subito dopo i due sotto choc. La banda innervositasi dal passare del tempo e preoccupata che potesse entrare qualcun altro non attese oltre l'apertura della cassaforte.
Il commando fuggì a bordo di una Fiat Punto rossa, risultata rubata. Attraversò la piazza, imboccò via della Paglia e si diresse a tutto gas verso Colle Umberto. Poco distante in via Mescolino abbandonò l'utilitaria in uno spiazzo. Qui la banda trovò l’auto "pulita" su cui fece perdere le sue tracce. Dopo mesi d’indagine i carabinieri individuarono i quattro componenti della banda tra cui Gioami Almenari, condannato a sette anni.
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