Canoniche vuote, sacerdoti anziani: a Treviso parrocchie accorpate per non sparire

Nella Marca ogni prete amministra in media due comunità, ma c’è chi arriva a quattro. L’età media è di 64 anni

TREVISO. La chiesa resta al centro del villaggio, ma il prete deve fare molta più strada di prima: nelle diocesi della Marca i sacerdoti sono costretti a spostarsi da un campanile all’altro, lavorando “a scavalco”, proprio come fanno i presidi delle scuole o i sindaci delle unioni di Comuni.

Di media, nella Marca, per ogni parroco ci sono due parrocchie. Di media, appunto, perché ci sono casi anche di sacerdoti con quattro comunità ciascuno. L’effetto è sotto gli occhi di tutti: canoniche vuote (un patrimonio immobiliare che le parrocchie stanno cercando di riconvertire mettendole a disposizione delle associazioni e delle famiglie disagiate), messe scaglionate la domenica, crisi vocazionale.

Il problema, sbirciando l’anagrafica fornita dalle diocesi, non è solo la mancanza di preti, ma anche la loro età. Gli over 50 sono la maggioranza e molti con più di 75 anni hanno rimesso il mandato nelle mani del vescovo.

Età media 64 anni. A Treviso le parrocchie sotto l’egida del vescovo Gianfranco Agostino Gardin sono 263, i preti diocesani 361 ma molti di questi sono anziani (l’età media è di 64 anni, la maggior parte ha più di cinquant’anni, sotto i 40 sono in 27 appena).

Delle 263 parrocchie trevigiane, 241 sono in collaborazione pastorale: significa che condividono uno o più preti, mettendo insieme da due a sette “campanili”. Un esempio? Castelfranco e Montebelluna, che riuniscono sette parrocchie in progetti di collaborazione pastorale. Una missione condivisa per superare i problemi relativi al calo delle vocazioni.

I dati più aggiornati forniti dalla diocesi di Treviso si riferiscono al 2016: tre parroci gestivano quattro parrocchie ciascuno, e poi c’erano 18 parroci con tre parrocchie a testa e 64 con due. È chiaro che con numeri di questo tipo i paesi più piccoli non possono permettersi la “messa prima” come avveniva negli scorsi decenni, ma parlare di economia di scala e risparmio è riduttivo.

«È la pastorale missionaria» spiega monsignor Mario Salviato, vicario episcopale per il coordinamento della pastorale diocesana a Treviso, «i parroci si mettono insieme per annunciare il Vangelo in un territorio complesso. Oggi al centro non c’è il campanile ma l’annuncio, come dice Papa Francesco è la chiesa missionaria della porta accanto».

Canoniche vuote. A Vittorio Veneto, vescovo Corrado Pizziolo, ci sono 162 case canoniche di cui soltanto 87 abitate dal parroco. Non significa che tutte le altre siano vuote. Nella maggior parte dei casi la canonica senza prete diventa casa della comunità, alloggio di emergenza per persone in difficoltà, sede di attività di formazione e caritative. Sono poche quelle che cadono a pezzi: le canoniche continuano a essere punti di riferimento delle comunità, con o senza parroco.

Le unità pastorali. I preti diocesani sono 165 (più alcune comunità religiose come i Servi di Maria, a Follina, o i Cappuccini, a Conegliano) e le parrocchie 164, questo ovviamente non significa che ci sia un prete per ogni parrocchia (anche in questo caso bisogna considerare i preti anziani, che dopo i 75 anni rimettono al vescovo il mandato, o i sacerdoti con compiti extra parrocchiali come la formazione in seminario).

Oggi nella diocesi di Vittorio Veneto i parroci sono dunque 79 (una media di due parrocchie a testa), l’equivalente delle “collaborazioni pastorali” trevigiane qui sono le “unità pastorali”. Gruppi di preti, quindi, a servizio di cinque o sei parrocchie.

Ci sono anche 12 sacerdoti giovani che aiutano a tempo pieno in parrocchia, e che probabilmente diventeranno parroci nei prossimi anni.

Il patrimonio a rischio. «Non bisogna pensare esclusivamente al rapporto parroco-parrocchia, ma a gruppi di preti al servizio di una unità pastorale» afferma monsignor Martino Zagonel, vicario generale della diocesi di Vittorio Veneto, «la sfida oggi non è solo garantire l’esistente, ma portare un annuncio cristiano a chi è più lontano dalla fede, o l’ha smarrita».

Accanto all’attività pastorale c’è la questione del patrimonio immobiliare inutilizzato che diventa un costo perle parrocchie. Non ci sono solo le canoniche ma anche oratori, case della dottrina, locali sportivi e spazi per le sagre.

A Vittorio Veneto come a Treviso sono sempre più stretti i contatti tra diocesi e amministrazioni per mettere i locali a disposizione della comunità. In fondo, delle 75 case canoniche non abitate a Vittorio sono appena una decina quelle in condizioni precarie, bisognose di restauro. In tempi di emergenza abitativa, un tesoretto che nessuno vuole disperdere.

«È bello e significativo - ha ribadito nei giorni scorsi monsignor Zagonel - se una comunità cristiana offre ospitalità nelle proprie strutture, per godere di una presenza che richiama il senso della vita umana, un pellegrinare, poiché “non abbiamo qui la nostra città permanente”». 

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