Ca’ Zenobio a Treviso, la villa gioiello in abbandono

Treviso. Fondazione spese 7 milioni per il restauro della struttura, contribuì anche lo Stato. La villa dovrebbe essere aperta al pubblico ma è chiusa

TREVISO. Si chiama Villa Ca’ Biscaro, Zenobio, Alverà. Ma sul grande cancello in ferro battuto che affaccia sua via Santa Bona Nuova trova spazio la scritta “Villa Marcella”. I nomi si sprecano, come i soldi spesi per ristrutturare la storica dimora alle porte della città. Fondazione nel 2000 spese 7 milioni circa, e oggi l’intero complesso è in abbandono.



Nel 2002 Ca’ Zenobio, come preferisce chiamarla Fondazione, è stata utilizzata come sede della scuola di specializzazione e sperimentazione teatrale e musicale internazionale, e negli anni ha visto affiancarsi ai master l’attività didattica e di prova della Venice Baroque Orchestra, dei Sonatori della Gioiosa Marca e anche della scuola Suzuki. Poi, uno dopo l’altro: tutti fuori. Colpa dei conti che non tornavano, dello stringersi graduale e inarrestabile dei cordoni della borsa di Fondazione, ma anche del ridimensionamento dei progetti più estemporanei ed estranei alla natura local dell’istituto come il campus per cinesi e le nanotech a Ca’ Tron.

Fatto sta che oggi al civico 126 di via Santa Bona Nuova la cassetta per la posta è zeppa di pubblicità e comunicazioni mai ritirate, il giardino è ormai terra di conquista per erbacce, piccioni, sporcizia, le porte della storica dimora sono irrimediabilmente chiuse. Anche nei giorni in cui non potrebbero esserlo.

Già, perché Villa Ca’ Zenobio rientra nella lista degli immobili veneti che negli anni hanno goduto di un contributo dello Stato per le opere di restauro. Soldi pubblici che il governo ha elargito (anche botte di milioni) a vantaggio dei proprietari privati partecipando alle spese di riqualificazione imponendo un unico vincolo: rendere fruibile l’edificio al pubblico. Come, veniva deciso da un accordo tra le parti, con il benestare degli uffici governativi.

Per Ca’ Zenobio l’accordo prevede che la villa sia visitabile «senza prenotazione» ogni lunedì e martedì non festivi, dalle 10 alle 12.30. E fino all’anno 2036, tanto per chiarire. Le indicazioni sono riportate anche nel sito del ministero, ma pure nella targa di ottone fuori da Ca’ Zenobio, dove Fondazione specifica che l’edificio è stato ristrutturato «con il concorso parziale dello Stato» e che la villa è visitabile.

Abbiamo suonato ieri e le settimane scorse. Al campanello non ha mai risposto nessuno. E come avrebbe potuto? La Villa è vuota, e da mesi (fine 2015). Ultimamente non c’è più nemmeno il custode. Qualcuno ogni tanto passa, ma solo per un controllo generale e qualche manutenzione. E gli effetti si vedono. Villa e barchessa riportano i segni del tempo. Fuori dal cancello immondizia e sporco.

«È una vergogna che una simile villa stia facendo questa fine» commentano i residenti del quartiere, «anni fa ci siamo addirittura entrati. Era bellissima; adesso non vediamo più il cancello aperto da anni. Possibile permettere che vada alla malora?». La rabbia è giustificata se si pensa che dietro finestre ed arcate, statue e porticati Ca’ Zenobio «conserva importanti testimonianze figurative che costituiscono una pagina significativa della decorazione settecentesca veneta» la descrive Fondazione stessa; c’è una Sala della Musica, a pianterreno dell’edificio principale, «che fu decorata nel secondo decennio del secolo con affreschi alla moda, attribuiti a Gregorio Lazzarini». Le foto parlano da sole. Peccato che il pubblico non possa entrare. «Visite?» replicano da Fondazione, «L’immobile è chiuso». Alla faccia degli accordi e dei soldi pubblici.

Purtroppo non è il primo caso, in Veneto come nel resto d’Italia. Ci sono i privati che non fanno troppa pubblicità alle aperture al pubblico, quelli che rinviano eventuali curiosi adducendo scuse, gli immobili che non si possono visitare perché nel frattempo i proprietari sono falliti, le gestioni cambiate, i contratti con lo Stato dimenticati nei cassetti. E di converso non c’è la corsa da parte delle Soprintendenze a farli valere. Si potrebbe dire: “le cose all’Italiana”.

Anche Fondazione aveva pensato di vendere Ca’ Zenobio, sarebbero stati soldi utili per alleggerire le zavorre del bilancio, ma poi non ha tirato i remi in barca. Nel 2015, quando ormai master e studenti stranieri erano un ricordo si dice ci vivesse il presidente De Poli stesso, ma oggi non c’è traccia di vita.

 

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