Buco da 6 milioni, indagini chiuse: imputata l’ostetrica

Dieci anni di prelievi e falsificazione di polizze, all’insaputa di tutti e nella consapevolezza di operare in condizioni di totale autonomia di gestione del servizio e dei denari. Un triangolo con ai vertici una bancaria e due trevigiani, marito e moglie.
Per Michela Ottonello, 46 anni, di Udine, ex responsabile del Monte dei pegni della Cassa di Risparmio del Fvg accusata di appropriazione indebita aggravata in relazione all’ammanco a sei zeri scoperto all’inizio del 2012 dallo stesso istituto di credito, è arrivata l’ora della verità. La Procura di Udine ha chiuso le indagini preliminari e tirato le somme: 6 milioni 335 mila euro il “buco” calcolato dalla Guardia di finanza, a conclusione delle indagini preliminari condotte a carico suo, di una sua cliente, la quarantacinquenne trevigiana Giovanna Di Rosa, e dell’ex marito di quest’ultima, il Giuseppe Mingolla, 51 anni, anche lui residente a Treviso. Per tutti, l’ipotesi di reato è il concorso in appropriazione indebita.
Le prime sottrazioni risalgono al 2002. La Ottonello avrebbe effettuato prelievi periodici dalla cassa per importi compresi tra i 5 mila e i 20 mila euro e avrebbe contestualmente occultato le uscite con “escamotage” di volta in volta diversi. Fino al 2006, si sarebbe avvalsa di un semplice meccanismo di sopravvalutazione dei beni ricevuti in pegno dalla Di Rosa. Un “trucchetto” sufficiente - sempre in tesi accusatoria - a fruttarle un gruzzoletto di circa 600 mila euro. Ben poca cosa, rispetto ai presunti guadagni incamerati nel solo mese di marzo del 2007: un milione 147 mila euro, ottenuti mediante riscatti di polizze di pegno fittizie, stipulate in assenza di beni e utilizzando le generalità della Di Rosa, di suoi familiari e di ignari clienti. Tutto il resto sarebbe arrivato, da quel 2007 al 2012 - quando fu smascherata, denunciata e sospesa - in virtù di una finta scrittura contabile che le avrebbe fruttato un milione 173 mila euro nel 2007, un milione 699 mila euro nel 2008, 668.518 euro nel 2009, 493 mila nel 2010 e 552 mila tra il 2011 e il 2012. La beneficiaria di quel “tesoretto”, 2,5 milioni, sarebbe la Di Rosa, ostetrica di Treviso che la stessa Ottonello, fin dai primi interrogatori, aveva indicato come la beneficiaria dei prelievi. Un’ex commerciante di gioielli - aveva detto - improvvisamente caduta in disgrazia e che lei aveva cercato di aiutare con sistematiche iniezioni di denaro. Salvo finire poi stritolata in quella che non aveva esitato a definire «un’ossessione». Per il pm, sarebbe stata proprio la Di Rosa a chiedere la sopravvalutazione dei beni, stipulare polizze fittizie e, dal 2007, istigare l’ex bancaria chiedendole insistentemente la consegna di denaro. In una trentina di occasioni, la trevigiana avrebbe coinvolto l’allora marito. «Non chiederemo riti alternativi», dice l’avvocato di Giovanna di Rosa, «andremo a processo e lì smonteremo una per una le accuse».
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