Brevetto “rubato”, dopo 16 anni la causa torna al punto di partenza

L’azienda Cappellotto di Gaiarine, produttrice di veicoli per la pulizia, si ritenne danneggiata dalla concorrente Farid di Torino: la Cassazione rimanda gli atti

GAIARINE

Il brevetto della Cappellotto era utilizzato senza autorizzazioni, ma dopo sedici anni la causa per il risarcimento ancora non è conclusa. I giudici della Cassazione hanno stabilito infatti che si dovrà tornare di fronte alla Corte d’Appello, per stabilire quale sia il giusto indennizzo per la nota azienda di Gaiarine.

«In tema di proprietà industriale - hanno sentenziato i giudici della Cassazione - il titolare del diritto di privativa leso può chiedere di essere ristorato del danno patito invocando il criterio costituito dal margine di utile del titolare del brevetto, applicato al fatturato dei prodotti contraffatti, realizzato dal contraffattore». Cappellotto spa, leader nella produzione di veicoli per la pulizia, dal 2005 ha un brevetto europeo per aver inventato un attrezzo sui propri camion cisterna. Il dispositivo consente al braccio che fa da guida del tubo aspiratore di muoversi dall'alto in basso, per evitare di generare curve troppo strette e di danneggiarsi nella fase di riavvolgimento. La ditta gaiarinese scoprì che una concorrente nel settore, la torinese Farid Industries spa, aveva messo in commercio un camion con un dispositivo denominato “Naspo”, identico a quello brevettato.

Perciò fu avviata una causa per la contraffazione. In primo grado venne stabilito un risarcimento di 591.403 euro, che la Farid avrebbe dovuto versare alla Cappellotto, sulla base di 184 veicoli messi in commercio. In secondo grado la sentenza però fu ribaltata e quel rimborso praticamente annullato. Secondo i giudici dell’appello i camion con quell’attrezzo brevettato erano solamente 3 e non era stato dimostrato il calo di vendite per la Cappellotto dovuto alla contraffazione. L’azienda gaiarinese ha presentato ricorso alla Cassazione per una serie di motivazioni. Tra queste, è stato accolto il criterio per la valutazione del danno, che secondo l’azienda gaiarinese è stato di almeno 148 mila euro. «La ricorrente (Cappellotto) aveva in effetti offerto un ragionevole criterio alternativo, di liquidazione del danno, sempre in via equitativa - scrivono gli Ermellini - consistente nell'applicazione del proprio margine operativo lordo, rapportato al volume delle vendite dei prodotti ottenuti dal contraffattore mediante il brevetto contraffatto, che se applicato avrebbe portato ad una maggiore liquidazione del danno, più rispondente ad una congrua ed effettiva riparazione del pregiudizio patito capace di tenere conto di tutti gli aspetti pertinenti, quali le conseguenze economiche negative, compreso il mancato guadagno subito dalla parte lesa, ed i benefici realizzati illegalmente dall'autore della violazione».

La Cassazione ha stabilito quindi che la vertenza ritorni aalla Corte d’Appello di Torino, in diversa composizione, per la valutazione dell’indennizzo e anche per le spese legali. —

Diego Bortolotto

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