«Basta vendette sessuali e donne umiliate in chat»: la sfida di una ragazza di Montebelluna

Giovane montebellunese portavoce di una campagna per creare una legge contro i reati online L’appello è già stato raccolto da Laura Boldrini, che sarà portavoce di una proposta alla Camera 

MONTEBELLUNANon c’è solo l’adolescente ingenua che gioca con la sua sessualità e manda foto provocanti, come se fosse uno scherzo. No, c’è un intero sottobosco buio ai confini con la violenza vera e propria, «fatto di fiducia data alle persone sbagliate, o anche inconsapevolezza». L’etichetta più conosciuta è quella del “revenge porn”, ma è solo la parte parziale di un problema enorme: «Bisogna smettere di trattare le ragazze e le donne come pezzi di carne. E serve una legge, per questo»: Silvia Semenzin, 27 anni, montebellunese, ha deciso di farsi paladina e portavoce di questo appello. Dietro la sua forza di volontà si è già messa in moto una valanga: oltre 65 mila firme raccolte in una petizione online, e l’ex presidente della Camera, Laura Boldrini, che le ha risposto promettendole di impegnarsi a preparare una proposta di legge in tal senso.

I reati “nuovi”. È un po’ come lo stalking: spesso ci sono reati “nuovi”, che non hanno ancora una cornice legislativa in grado di frenarli, contrastarli, punirli. «Sono stata testimone da vicino di una serie di atti di violenza online a sfondo sessuale, e mi hanno toccato profondamente: per questo ho deciso di battermi in prima persona», racconta Silvia. C’è il “revenge porn” (l’ex di turno che per vendetta, dopo la fine della relazione, diffonde foto e video a sfondo sessuale della ragazza con cui è stato, ndr), ma anche tante altre sfumature più subdole, che tendono a essere minimizzate, normalizzate. E spesso le ragazze non sanno di esserci dentro». In che modo? «Ci sono uomini che creano chat in cui si scambiano foto e video delle loro compagne o fidanzate. Anche scatti rubati, senza che lei lo sappia. E i toni usati sono pesantissimi».

È una forma di violenza che poi rischia di sfociare in una “vera”, fisica? «Sì, cominciare a umiliare le ragazze è spesso solo un passo – dice Silvia – si lega a situazioni sentimentali “tossiche” in cui le forme di violenza poi sono molteplici: psicologiche, verbali, fisiche». Un reato vero e proprio, in questo senso, non esiste: siamo in una terra di nessuno tra cyber-bullismo, diffamazione, violenza privata. Un vuoto legislativo che va colmato, e in fretta. Laura Boldrini ha fatto propria la battaglia di Silvia, che sta spopolando sui social, e ha promesso un impegno concreto: una proposta di legge da presentare alla Camera.

I progetti. Silvia ha vissuto e studiato in Spagna per cinque anni, tra Madrid e Siviglia, sta facendo un dottorato in sociologia a Milano e ci risponde al telefono da Londra, dove studierà per tre mesi. È entrata in contatto con Amnesty international, che su questo tema è molto attiva, e poi con “Insieme in rete”, associazione che si propone «di favorire l’esercizio consapevole della cittadinanza digitale, attraverso iniziative di contrasto al diffondersi di hate speech e disinformazione e promuovendo programmi di educazione civica nelle scuole». Proprio secondo Amnesty, una donna su cinque è o è stata vittima di molestie legate alla rete, ai social media e alle messaggerie.

Sono soprattutto ragazze giovani? «Spesso sono adolescenti, magari liceali meno caute nel mandare messaggi privati – spiega Silvia – ma ci sono anche tante ragazze più grandi. Ho visto da vicino, ho sofferto. E ho deciso di diventare la prima a gridare». Questa battaglia può diventare la tua “mission”, Silvia? «Al momento lo faccio perché me lo sento. Però spero di trattare questi temi anche a livello accademico».
 

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