Bancarotte di aziende “pilotate” In nove finiscono a processo
Entravano nella società, la spolpavano di beni e risorse finanziarie e la facevano fallire. Una, due, sette volte, fino a intascarsi quasi otto milioni di euro.
È iniziato ieri il processo a nove degli iniziali 18 indagati (alcuni sono usciti di scena scegliendo riti alternativi) accusati dalla procura di aver fatto parte di una rete di persone, tra professionisti, imprenditori, ex bancari e altro che avrebbero spolpato alcune aziende, facendole fallire. Tra gli imputati ci sono commercialisti come Nicolò Corso e Mario Pietrangelo, l’avvocato Benedetta Russo Collerone, i due imprenditori di Conegliano Teresa Calamia e Vincenzo Zanato, e anche Giovanni Condorelli, Massimiliano Zingaropoli, Giovanni Dal Cin e Maria Carolina Braca (difesi tra gli altri dagli avocati Stefano Arrigo, Carlo Broli, Angelo Di Dio). Tutti respingono le accuse del pm Massimo De Bortoli e sono pronti a difendersi in dibattimento convinti di dimostrare la loro innocenza.
Secondo i militari della guardia di Finanza, che effettuarono le indagini, gli imputati facevano parte di una struttura organizzata. Professionisti nei loro rispettivi settori. Sette le aziende finite nel loro mirino, secondo le indagini: Inoxfim e Alufilm di Salgareda, Vetreria Veneta e Lafood Group di Conegliano, Power Srl e Giromel Autotrasporti di Pieve di Soligo, Of Interni Srl di Maserada (alcune parti civili con l’avvocato Lorenzo Zanella). Complessivamente sarebbero stati drenati oltre 7,7 milioni di euro.
Sono serviti mesi di indagini alla guardia di Finanza: prima per capire che dietro una serie di fallimenti c'era qualcosa che non tornava, poi per rendersi conto che le modalità operative e i nomi che giravano attorno alle aziende erano sempre gli stessi.
Ad accendere le prime spie rosse è stato il tratto comune di imprese che non pagavano le imposte e poi trasferivano le proprie sedi dalla Marca all'estero, in particolare in Brasile e in Venezuela, con un passaggio intermedio a Roma per cercare di dare meno nell'occhio. Il puzzle è andato a posto, tessera dopo tessera, nome dopo nome.
Le accuse sono bancarotta fraudolenta, riciclaggio e appropriazione indebita in concorso. Non viene contestata l'associazione per delinquere perché il gruppo avrebbe lavorato in «assetto variabile».
Nel corso del processo, è prevista l’audizione di oltre un centinaio di testi, un’ottantina dei quali nella lista della pubblica accusa. Si torna in aula a novembre. —
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