Antonio Giordano, il marito della donna morta di parto a Oderzo racconta la sua tragedia

Antonio Giordano ora lotta per i  suoi due figli rimasti orfani della madre: «Sono l’unico motivo che mi dà la forza per andare avanti. Ma voglio anche sapere cosa è successo» 

ODERZO. Ieri era la festa del papà. Ieri il piccolo Marco Francesco è arrivato a casa. Ieri la piccola sorella maggiore ha abbracciato per la prima volta il suo fratellino. Un sorriso grande, come solo i bimbi sanno fare, e poi una domanda che fa male come una coltellata: «Ma dov’è la mia mamma?».

Papà Antonio Giordano respira e, dopo quel briciolo di estemporanea serenità, ripiomba nel suo dolore sordo, sconfinato, inimmaginabile ai più. Un dolore che non ha una spiegazione: «Ora non ha più senso nulla». La sua voce, stanca e rotta, si mescola a quella squillante della sua figlioletta primogenita. Ora è lei quella da proteggere, «per cui bisogna andare avanti, per cui bisogna lottare».

«In una notte ho resettato tutto, è finito tutto», racconta. La notte è quella tra il 12 e il 13 marzo. Sua moglie Francesca dal mattino era in ospedale a Oderzo. «Ero un po’ preoccupato per la pressione alta, così abbiamo deciso di andare in ospedale. L’hanno ricoverata e le hanno indotto il parto. Poi è accaduto quel che è accaduto». Francesca Schirinzi, 34 anni, già mamma di una bimba di 3 anni e mezzo, è morta dopo tre arresti cardiaci, che si sono susseguiti dopo il parto naturale.

«Da quel giorno tiro avanti. Devo farlo per i miei figli, devo far pesare loro ciò che è accaduto il meno possibile». Antonio Giordano, militare di stanza alla caserma Cimic di Motta di Livenza, era arrivato in Veneto dopo anni di sacrifici, dagli spostamenti alle missioni all’estero. Con la sua Francesca aveva costruito il suo castello perfetto, aveva messo radici lontano dalla terra d’origine, la Puglia. Il matrimonio, la prima figlia e ora il fratellino: «È crollato tutto». Non riesce a pensare al futuro, a cosa farà, dove andrà. Tutto si è fermato la notte tra il 12 e il 13 marzo. Non può nemmeno urlare il suo dolore.

Per i suoi figli, che sta cercando di proteggere da un dolore ingiusto, incommensurabile, la perdita della mamma: «Mia figlia ancora non sa che la sua mamma non c’è più. Lei sa che è ancora in ospedale perché non si sente tanto bene». Gli psicologi che hanno preso in carico la famiglia hanno detto che è troppo presto, il dolore è troppo forte. Prima deve essere, per quanto possibile, metabolizzato. La piccola poi, come natura vuole che sia, era legatissima alla sua mamma, i loro cuori battevano all’unisono: «Ancora si attaccava alle gambe di mamma».

Antonio Giordano è in licenza, tornerà per un po’ dalla sua famiglia per cercare di guardare avanti. I cocci non si possono ricomporre, perché era lei, Francesca, la colla che teneva tutto insieme: «In questa tragedia ho scoperto di non avere dei colleghi, dei commilitoni, ma una vera e propria famiglia. Mi sono stati vicino, mi stanno dando tantissimo supporto, anche se è dura, durissima andare avanti».

È troppo presto per pensare: «I miei bambini sono l’unico motivo che mi spinge a non mollare, a continuare a lottare. Sarà difficilissimo, ma devo farlo». Per lui e per chi gli vuol bene il momento più bello, la famiglia che si allarga, una nuova vita che viene al mondo, si è trasformato in poche ore nel buio più nero: «È successo tutto in un attimo, nulla ha senso».

Il dolore è sconfinato, certo, ma non manca la rabbia per voler arrivare fino in fondo: «Voglio sapere la verità sulla morte di mia moglie». D’un tratto la voce si fa più sicura e il pensiero chiaro: «Ho presentato denuncia perché voglio sapere che cosa è successo quella notte. Mia moglie quando è entrata in ospedale stava bene», dice in modo lapidario.

Non accusa, non dà colpe, non punta il dito contro nessuno, ma desidera sapere. Ripercorre momento dopo momento la giornata del 12 marzo: «Quella mattina Francesca stava bene», racconta, «aveva la pressione un po’ alta, per questo abbiamo deciso di andare in ospedale a Oderzo, dove sapevamo avrebbe partorito. Hanno deciso di ricoverarla». La procedura medica ha previsto l’induzione del parto. «Pensavo le facessero il cesareo, a causa della pressione alta», dice.

Ora tutto è nelle mani della magistratura di Treviso, che ha già aperto un’inchiesta volta a verificare eventuali responsabilità mediche e a ricostruire le ultime ore di vita di sua moglie Francesca. Ora per Antonio Giordano è tempo di pensare ai suoi figli. I motivi per andare avanti, nonostante tutto, li ha davanti agli occhi ogni giorno, sono i suoi bambini: «Ora non è possibile gioire, ma devo andare avanti per loro».


 

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