Antenna Tre, settanta creditori di Panto in tribunale

TREVISO. In settanta creditori si sono presentati ieri mattina in tribunale a Treviso all’udienza per stabilire lo stato passivo di Antenna Tre. Tra questi giornalisti, fornitori, Equitalia,...
PASSERINI TREVISO PRESENTAZIONE LIBRO DI GIORGIO PANTO ALLA LIBRERIA MARTON AGENZIA FOTOGRAFICA FOTOFILM
PASSERINI TREVISO PRESENTAZIONE LIBRO DI GIORGIO PANTO ALLA LIBRERIA MARTON AGENZIA FOTOGRAFICA FOTOFILM

TREVISO. In settanta creditori si sono presentati ieri mattina in tribunale a Treviso all’udienza per stabilire lo stato passivo di Antenna Tre. Tra questi giornalisti, fornitori, Equitalia, amministrativi e altro. Lo stato passivo, secondo una prima stima, dovrebbe ammontare a più di 10 milioni di euro. Era presente anche il curatore Roberto Cortellazzo Wiel.

Antenna Tre, la storica emittente di San Biagio di Callalta è stata dichiarata fallita nell’ottobre scorso. Il tribunale aveva percorso, come previsto, la strada del “fallimento di continuità di esercizio” alla luce dell'offerta di acquisto da 1,4 milioni di euro presentata dall’editore di Rete Veneta Filippo Jannacopulos, con l’apertura di una nuova procedura per il passaggio di proprietà. A gennaio il curatore aveva poi aggiudicato la vendita di Antenna Tre a Rete Veneta per quanto riguarda il ramo d’azienda dell’informazione.

Sfiorava i 6,7 milioni di euro la perdita accumulata nel 2015 da Antenna Tre. Cioè abbastanza, considerando anche quelle degli esercizi precedenti, per dichiarare al tribunale di Treviso il proprio stato di insolvenza. Lo si leggeva nella richiesta di ammissione al concordato preventivo firmata da Panto. Nel documento trasmesso alla magistratura era posta in rilievo anche una evidente flessione dei ricavi, passati in un anno da 5 a 3,1 milioni.

La proposta di Jannacopulos finita nella busta prevedevava l’assunzione di 35 dei 54 dipendenti. «Il fallimento sarebbe lo scenario più nefasto», aveva detto Maria Grazia Salogni, Cgil, «evitarlo è in assoluto la cosa più importante». Tecnicamente, il nodo è che il tribunale doveva garantire la “par condicio creditorum”, cioè che tutti i creditori di primo livello - ovvero i dipendenti - ottenessero parità di trattamento.

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