Allergico alla chimica, vive in una tenda

ZENSON DI PIAVE
La sua malattia è il mondo intero. Non può respirare sostanze chimiche, profumi, odori di ammorbidenti, di colla per i mobili. Gas di scarico, deodoranti, inchiostri. Rischia di morire, gli hanno detto i medici, perché il suo organismo ormai è ingolfato da metalli come il cadmio. Ogni respiro sbagliato gli può costare uno shock anafilattico letale. Per tutta l’estate ha dormito in una tenda in riva al Piave, unica zona in cui l’aria non gli morde trachea e polmoni, rischiando di farlo soffocare. Ma ora fa freddo, troppo freddo. «Nelle ultime due settimane sono stato costretto a tornare a dormire a casa, ma non ce la faccio. Basta che i miei vicini usino un detersivo per lavare i piatti o i pavimenti, e io non respiro più».
E’ il dramma di Daniele Agnoletto, 57 anni. La sua malattia si chiama MCS, multiple chemical sensitivity, sensibilità chimica multipla. Una malattia che fa discutere la comunità scientifica. In Italia è riconosciuta solo dal sistema sanitario di quattro Regioni: Lazio, Marche, Basilicata, Abruzzo. In Veneto, no. Qualche mese fa un altro caso aveva commosso la provincia di Treviso: quello di Camilla, una bimba di cinque anni, affetta dalla stessa malattia e costretta a vivere praticamente in una impossibile bolla protetta da tutto. Per aiutarla si è scatenata una vera gara di solidarietà: le cure sono costose, e la famiglia di Camilla ha bisogno di una casa più lontana possibile da tutte quelle insidie invisibili. Il caso di Daniele è altrettanto grave, se non di più. «Rischia di morire», ci spiega Ester Lupo, anche lei malata di MCS e presidente di Anchise, associazione nazionale persone chimicamente sensibili. Daniele ci racconta il suo dramma quotidiano. «Ogni mattina, quando mi alzo, il mio lavoro è quello di trovare un posto in cui io possa respirare». Il freddo sceso in questi giorni lo ha costretto ad abbandonare la sua tenda in riva al Piave, a Zenson, dove ha passato praticamente tutta l’estate. «Di giorno esco - dice Daniele - ma di notte sono costretto a tornare a casa. Ho una camera completamente vuota, a parte il giaciglio su cui dormo. Ma ogni odore rischia di farmi soffocare. Molte notti ho dormito in macchina, sempre vicino al Piave». Sua sorella l’ha invitato a pranzo, ma il solo odore di ammorbidente della tovaglia gli ha mozzato il respiro. Al supermercato entra come in apnea, prende lo stretto necessario e schizza fuori prima che gli si chiuda la trachea. Due immagini di un incubo senza mai risveglio. Come se ne esce? Servono cure (in Inghilterra c’è un centro specializzato, ma il costo per un ciclo di terapie è 25mila euro) e serve una casa più “bonificata” possibile. E serve soprattutto arrangiarsi, perché finora il sistema sanitario regionale è riuscito a produrre solo l’istituzione (24 agosto) di una commmissione scientifica «per avere in tempi rapidi elementi di maggiore conoscenza» sulla sindrome, sull’onda emotiva del caso di Camilla. «Io sono disposto a pagare per una casa, ovviamente, e a vendere la mia - dice Agnoletto - però ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a trovarla. Ho cambiato sei o sette case negli ultimi quattro anni, sono passato dalla montagna di Pos d’Alpago al mare di Chioggia e del Cavallino, ma niente». L’incubo è iniziato nel 2005. Daniele era assistente scolastico al «Riccati» di Treviso. Ha iniziato a manifestare una sorta di allergia nei confronti delle fotocopie: i fumi dei toner delle stampanti erano il primo segnale. Poi la malattia è degenerata. «Si nasce geneticamente predisposti - spiega Ester Lupo - ma molte persone non sanno nemmeno di avre la MCS. I livelli di gravità sono vari, spesso solo chi è in contatto frequente con prodotti chimici scopre di essere malato. Non possiamo nemmeno entrare in un ospedale. Ho visto un malato costretto a fasciarsi da solo una gamba rotta, fra urla lancinanti».
Da vincere c’è anche un altro nemico invisibile: lo scetticismo di molti, che considerano questa malattia come una sorta di allucinazione, di ipocondria. Ma l’inferno di chi c’è dentro è fin troppo reale.
Fabio Poloni
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