Addio a Francesca prof e giornalista raccontò le emigranti
Prima dei nove fratelli Massarotto, aveva 73 anni Ciampi l’aveva nominata cavaliere della Repubblica
CASTELFRANCO. La vita l’aveva portata a Padova, per amore (si era sposata all’inizio degli anni Settanta con Giorgio Raouik, siriano di Aleppo) e per lavoro (insegnò all’Einaudi e collaborava con il Messaggero di Sant’Antonio), ma il suo cuore era rimasto nella città murata, dove vivono la maggior parte dei suoi otto fratelli. Si è spenta lunedì all’età di 73 anni Francesca Massarotto, insegnante, giornalista, donna per le donne, testimone con la sua penna e la sua sensibilità delle storie di tante emigranti venete. Nata a Cittadella nell’agosto del 1944, si era trasferita con la famiglia a Castelfranco. Nel 1950 i genitori avevano aperto in piazza Giorgione, vicino alla farmacia Alla Gatta, il negozio di calzature Massarotto, diventato con il passare dei decenni una delle attività storiche della città. Gestito fino al 2015 da Maria Luisa e Matteo, è stato poi ceduto, conservando il marchio, alla famiglia Santinello. Francesca si era diplomata al liceo classico Giorgione, cresciuto con lei negli anni del Dopoguerra. Si era poi laureata in letteratura moderna a Padova. Erano gli anni a cavallo tra il Sessanta e il Settanta e lei era una delle anime più attive della cultura castellana. Aveva iniziato a insegnare prima a Castelfranco, quindi a mVedelago. Ma la sua grande passione era la scrittura. «Usava la penna», la ricorda Giorgio, il fratello avvocato, «come un pittore sa fare con il pennello, regalandoci splendidi quadri di vita quotidiana». E non solo. Si era dedicata al giornalismo d’indagine soffermando la sua attenzione sulla condizione femminile. Aveva così raccontato delle emigranti venete. Dalle righe dei suoi libri aveva restituito loro la dignità, violata dalla fatica di dover condurre, sole, senza aiuti, la famiglia in Italia, segnata dal dramma del distacco dalla propria terra con l’emigrazione per ricongiungersi con i marito, provata dalla difficoltà del trovare lavoro. Donne forti, capaci di grandi sacrifici e altrettanto vasta generosità, pronte a difendere e promuovere il loro legame con il paese d’origine. E forte, libera e determinata era anche Francesca. «Papà, maestro di flauto», la ricorda il fratello Giorgio, «l’aveva mandata a lezioni di piano, ma non era per lei la ferrea disciplina della musica. Era uno spirito libero». Papà l’aveva lasciata presto, morto in un incidente stradale, e mamma Marcella si era rimboccata le maniche allevando i nove figli. Francesca l’8 marzo del 2005 era stata insignita dall’allora presidente Carlo Azeglio Ciampi dell’onoreficenza di cavaliere delle Repubblica per meriti culturali. «E durante la cerimonia», racconta ancora il fratello, «si era commossa per una coincidenza particolarmente fortunata: il pranzo d’onore era stato servito quel giorno proprio dagli allievi dell’istituto alberghiero Maffioli». Tante pubblicazioni (“Oltre la nostalgia”, “Brasile per sempre”, per citarne due), tanti convegni, la gioia della nascita della figlia Sara, tutto era filato liscio fino al primo ottobre di sette anni «quando», scriveva all’amica Silvia lo scorso 6 novembre, «ho avuto un attacco molto serio di legionella. Dopo quattro mesi di ricovero e 15 giorni di coma farmacologico, ne sono uscita, ma ho dovuto essere operata al cuore». Una serie di complicazioni, «un vero disastro», che l’ha consumata giorno dopo giorno. I funerali si celebreranno domani alle 10.30 nella chiesa di Santa Rita a Padova.
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