«Abbiamo venduto l’Ht per darle un futuro»
L’azienda di Susegana ceduta agli svedesi: mancava il ricambio generazionale L’ad Peroni: «Bisogna ragionare in termini europei per continuare a crescere»

SUSEGANA. «Non possiamo costringere i nostri figli a fare qualcosa in cui non credono». Veniero Peroni e Costante Dall’Anese, rispettivamente amministratore delegato e socio fondatore della Ht Spa di Susegana, nel 2014 si sono trovati davanti a un bivio. Da una parte chiudere la loro azienda che dagli anni Settanta produce resistenze elettriche a cartuccia («Noi non siamo eterni, né intendiamo morire in fabbrica»), dall’altra cercare un compratore. «Qualcuno - spiega Peroni - in grado di garantire la continuità aziendale. Il nostro prodotto è un’eccellenza, sarebbe stato un peccato chiudere tutto. E cercare un acquirente è anche un segno di rispetto nei confronti dei nostri collaboratori: un centinaio in Italia, 255 nelle due sedi in Romania, altre 5 nella filiale commerciale che abbiamo in Germania». Il compratore è arrivato dopo appena otto mesi di ricerche: Nibe Industrier, gruppo svedese quotato al Nasdaq di Stoccolma dal 1997, ha acquisito (per una cifra tenuta riservatissima) l’80 per cento della Ht.
Una storia tipicamente trevigiana: «L’impresa è nata nel 1978 dall’idea di tre soci che si sono messi insieme dopo un’esperienza come lavoratori dipendenti, poi sono arrivato anch’io, abbiamo delocalizzato in Romania e aperto una filiale in Germania», ricorda Peroni, «con gli anni siamo cresciuti parecchio, il bilancio consolidato del 2016 ha un fatturato di 24 milioni di euro, però siamo rimasti a metà. Troppo grandi per i piccoli, troppo piccoli per i grandi». La seconda generazione, appunto, ha scelto un’altra strada, lontana dalle resistenze di Susegana. E i buoni risultati dell’azienda (inserita anche nel Programma Élite di Borsa Italiana, non è mai sbarcata sui mercati ma ora potrà farlo tramite la casa madre svedese) da soli non bastano a garantire un futuro solido. «Solo trovare un partner di un certo tipo ci avrebbe permesso di traghettare l’impresa da una governance padronale a una manageriale, l’unico modo per crescere ancora e garantire un futuro al nostro prodotto», continua l’ad. «Aver trovato un acquirente non significa aver “depauperato” l’italianità, anzi: le aziende di dimensioni medie, come la nostra, hanno la necessità di progredire, ma talvolta non hanno la forza di farlo da sole».
L’idea di Peroni e Dall’Anese, che al momento restano ancora attivi in azienda, è di abbandonare progressivamente la loro creatura. L’hanno lasciata in ottime mani: i timori per l’occupazione sono stati spazzati via in fretta, subito dopo il closing. La cessione del cento per cento delle quote sarà solo una questione di tempo: «Un giorno o l’altro, al termine di questa fase di traghettamento, succederà, lasceremo l’azienda libera di crescere secondo le sue potenzialità, che sono enormi. Alla base di tutto c’è un piano industriale serio, che i nuovi proprietari sono in grado di garantire. Sono un gruppo da 1,6 miliardi di fatturato e 13 mila dipendenti, capacissimo di reggere il timone di una grande impresa come la nostra».
(a.d.p.)
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